La sua vicenda rappresenta il simbolo dei tormenti e delle sofferenze affrontate dalle donne dell’Istria e della Venezia Giulia durante gli anni dal 1943 al 1945. Molte di loro furono ingiustamente prese di mira in quanto familiari di individui considerati nemici dal regime, diventando spesso ostaggi o bersagli di vendette personali.
Chi è la ragazza che verrà prima stuprata, poi massacrata e gettata nelle Foibe dalle milizie partigiane?
Norma nacque a Santa Domenica di Visinada (Labinci), un piccolo centro agricolo nell’entroterra istriano, non distante da Parenzo, ora parte della Croazia. I suoi genitori, Giuseppe e Margherita, erano proprietari terrieri di condizioni non agiate ma rispettabili per gli standard dell’epoca. Norma ricevette un’istruzione primaria nel suo paese natale, frequentando la scuola materna e elementare fino alla quarta classe, dopodiché si trasferì a Gorizia per completare gli studi presso il liceo classico, conseguendo brillantemente la maturità nel 1939.
Nell’autunno dello stesso anno si iscrisse alla Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Padova, dove eccelse negli studi superando tutti gli esami con ottimi risultati. Nel 1941, ottenne una posizione di supplente insegnante di lettere presso il liceo Gian Rinaldo Carli di Pisino, e l’anno successivo ricevette un nuovo incarico presso l’Istituto Magistrale Regina Margerita di Parenzo. Riuscì anche ad ottenere brevi incarichi di insegnamento a Spalato e Albona, realizzando così il suo sogno di diventare educatrice.
Tra i suoi contemporanei, Norma Cossetto è ricordata come una giovane eccezionale, appassionata dello sport, brillante negli studi e dotata di una fervida curiosità per le lingue straniere. Dimostra una notevole padronanza del francese e del tedesco, oltre ad essere una talentuosa pianista e appassionata di canto e pittura.
Impegnata sentimentalmente con un incursore dei mezzi d’assalto della Regia Marina, Norma si inserisce perfettamente nel contesto sociale della sua epoca. Suo padre, una figura rispettata nella comunità di Santa Domenica di Visinada, ha contribuito significativamente allo sviluppo agricolo e sociale del paese. Egli ha ricoperto importanti incarichi, tra cui quello di Commissario Governativo delle Casse Rurali per l’Istria, grazie al quale ha potuto assistere gli indigenti locali. Prima della guerra, è stato anche Podestà di Visinada per diversi anni e segretario del Fascio locale, per poi assumere il ruolo di Capo Manipolo della Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale.
Nell’estate del 1943, Norma intraprende un viaggio in bicicletta attraverso i comuni dell’Istria per raccogliere materiale per la sua tesi di laurea, intitolata “L’Istria rossa”, incentrata sullo studio del territorio istriano ricco di bauxite. Tuttavia, la sua ricerca è interrotta bruscamente quando la famiglia Cossetto è costretta ad abbandonare Visinada a causa delle minacce dei partigiani titini, che hanno preso di mira vari membri della famiglia. Il padre, Giuseppe, è obbligato a trasferirsi temporaneamente a Trieste, mentre gli zii Giovanni ed Emanuele vengono arrestati rispettivamente il 16 e il 24 settembre e immediatamente condotti a Pisino.
La responsabilità dei partigiani
Il 25 settembre, un gruppo di partigiani titini irrompe nella casa dei Cossetto, saccheggiando ogni angolo. Il giorno seguente, Norma viene prelevata e condotta nella ex caserma dei Carabinieri di Visignano, dove i partigiani cercano di convincerla ad aderire al Movimento Popolare di Liberazione promettendole libertà e ruoli di comando. Di fronte al suo netto rifiuto, viene rinchiusa insieme ad altri parenti, amici e conoscenti nella ex caserma della Guardia di Finanza a Parenzo.
Successivamente, alcuni membri della famiglia tentano di visitarla portandole cibo e vestiti, ma vengono respinti con la falsa promessa che tutti gli arrestati sarebbero stati rilasciati il giorno seguente. Tuttavia, il 30 settembre, anziché la liberazione, giunge un inaspettato trasferimento. I tedeschi si apprestano ad arrivare a Parenzo e uno degli ultimi convogli a lasciare la città è quello dei prigionieri inviati ad Antignana dal Comitato Popolare di Liberazione.
Una volta lì, vengono inizialmente rinchiusi nella ex caserma dei Carabinieri e successivamente trasferiti nella locale scuola. La situazione precipita rapidamente quando i partigiani cominciano a torturare e maltrattare tutti i detenuti, comprese le donne, che vengono violentate e brutalizzate. Norma, che continua a rifiutare ogni forma di collaborazione, viene segregata in una stanza separata, denudata e legata a un tavolo. Qui viene ripetutamente violentata da diciassette aguzzini, subendo giorni di atroci torture, prima di essere gettata nuda nella foiba di Villa Surani, alle pendici del Monte Croce, vicino alla strada che porta da Antignana al villaggio agricolo di Montreo. È la notte tra il 4 e il 5 ottobre 1943.
Il 13 ottobre 1943, con il ritorno dei tedeschi in paese e la cattura di alcuni partigiani titini, Licia, sorella di Norma, riceve finalmente notizie accurate sul destino del padre e della sorella, confermando la tragica fine di entrambi. Il 10 dicembre 1943, i Vigili del Fuoco di Pola, sotto il comando del maresciallo Arnaldo Harzarich, recuperano il corpo di Norma: trovato supino, denudato, con le braccia legate con filo di ferro, tra un cumulo di altri corpi; presentava ferite da arma bianca ai seni e altre mutilazioni al corpo, con un oggetto di legno conficcato nei genitali.
La salma di Norma viene sistemata nella piccola cappella mortuaria del cimitero di Castellerier. Sei dei suoi diciassette aguzzini vengono arrestati e costretti a vegliare la sua salma per l’ultima notte della loro vita nella cappella mortuaria del cimitero locale, prima di essere fucilati dai tedeschi il mattino seguente.
Le onorificenze, la Laurea ad Honorem e la medaglia d’Oro del Presidente della Repubblica
Un gran numero di persone partecipa ai funerali di Norma, che viene sepolta nella tomba di famiglia a Santa Domenica di Visinada accanto al padre. Nel dopoguerra, l’8 maggio 1949, il Rettore dell’Università di Padova, Aldo Ferrabino, su proposta di Concetto Marchesi e del Consiglio della Facoltà di Lettere e Filosofia, le conferisce la laurea ad honorem, riconoscendo che Norma è caduta per difendere la libertà.
L’8 febbraio 2005, il Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi conferisce alla giovane istriana la medaglia d’oro al merito civile, onorando il suo sacrificio e il suo impegno per la giustizia e la libertà.
Il 10 febbraio 2011, nell’ambito delle commemorazioni per la Giornata del Ricordo delle vittime delle Foibe e dell’esodo giuliano-dalmata, l’Università degli Studi di Padova e il Comune di Padova inaugurano una targa commemorativa nel Cortile Littorio del Palazzo del Bo’. Nel mese di aprile 2011, il Comune di Limena (Padova) dedica alla memoria di Norma la Biblioteca Comunale. Numerose città italiane seguono questo esempio, includendo Norma tra i loro onori: ad esempio, nel luglio 2011, il Comune di Narni (Terni), e nell’ottobre 2012, il Comune di Bolzano, intitolano una via in suo onore.
Ricerche d’archivio hanno dimostrato che Norma non mostrava alcun interesse per la politica. In realtà, Norma, come molte altre centinaia di vittime delle foibe, è stata uccisa a causa del suo luogo di residenza, situato in un’area geografica oggi divisa tra Italia, Slovenia e Croazia. Pertanto, la figura di Norma e il suo significato storico devono essere considerati nel contesto storico e politico più ampio, poiché rappresenta una delle tante vittime dell’etnicidio che ha colpito queste regioni di confine nel 1943 e nel 1945.
Tuttavia, nonostante le commemorazioni e gli omaggi, la vita e soprattutto la morte di Norma continuano ad essere oggetto di interpretazioni politiche, specialmente riguardo al suo presunto legame con il fascismo. Antidemocratici e anarchici continuamente vandalizzano anonimamente le targhe e le panchine a lei dedicate. Queste persone sono figlie dei tempi più bui della nostra repubblica, delle brigate rosse. È importante che ognuno di noi sia vigile perché oggi chiunque può dialogare e parlare liberamente, ma questi individui tentano di imbavagliare la verità, nascondendosi nell’anonimato.
Come ha detto la senatrice Liliana Segre incarcerata in quanto ebrea a 14 anni, e deportata ad Auschwitz-Birkenau : «La democrazia finisce piano piano» «Ho visto le parole d’odio trasformarsi in dittatura. E poi in sterminio. Vorrei non vederle mai più»
PER APPROFONDIRE
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