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Il 5G è pericoloso?

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Con il progressivo sviluppo della rete 5G, un numero sempre maggiore di persone ha iniziato a riconoscerne i benefici. Le reti di quinta generazione promettono connessioni molto rapide, stabili e con tempi di latenza notevolmente ridotti.

Tuttavia, come spesso accade con le nuove tecnologie, sono emersi timori e dubbi sui suoi effetti, in particolare per quanto riguarda la salute umana e l’ambiente. Negli anni, molte fake news sul rapporto tra 5G e salute hanno alimentato false credenze e miti da sfatare.

Gli studi condotti sull’impatto del 5G sulla salute hanno dimostrato che le onde elettromagnetiche utilizzate per trasmettere il segnale non rappresentano un pericolo per l’uomo.

Al contrario, il 5G inaugura una nuova era nella telemedicina, offrendo la possibilità di fornire cure di alta qualità anche a distanza. Anche per l’ambiente ci sono buone notizie: la velocità delle connessioni 5G, unita all’uso dell’intelligenza artificiale e delle tecnologie IoT, contribuirà alla trasformazione delle città in ambienti sempre più intelligenti e sostenibili.

Il 5G è dannoso per la salute?

Attualmente non esistono studi che dimostrino che il 5G sia pericoloso per la salute umana e ci vorranno anni di ricerca per capire l’impatto effettivo. Basandosi sulle ricerche condotte sulle emissioni delle precedenti tecnologie di connettività, come 2G, 3G e 4G, non sembrano esserci motivi di preoccupazione.

Infatti, le reti 5G sono costituite da antenne che emettono frequenze più elevate rispetto alle reti 2G, 3G e 4G, ma con segnali di potenza inferiore. Inoltre, la capacità di penetrazione delle onde elettromagnetiche è molto bassa e non è in grado di danneggiare il DNA umano.

Anche se sono necessarie ulteriori ricerche, si può ipotizzare che le antenne 5G rappresentino un rischio per la salute molto inferiore rispetto a quelle delle tecnologie precedenti. Al contrario, il 5G introduce due innovazioni tecnologiche che potrebbero portare grandi vantaggi per la salute: la chirurgia a distanza e la telemedicina. In entrambi i casi, la caratteristica più importante non è la banda dati, ma la bassa latenza della rete 5G, ovvero il tempo che intercorre tra l’input e l’output del segnale.

Ad esempio, se un chirurgo esegue un’operazione a distanza su un paziente, la latenza è il tempo che passa da quando muove il suo bisturi virtuale a quando, magari a migliaia di chilometri di distanza, il bisturi reale esegue effettivamente il movimento. Più la latenza è bassa, più l’operazione a distanza sarà istantanea, come se il chirurgo fosse in sala operatoria con il paziente.

 

 

Potenza del segnale delle antenne 5G e distribuzione della rete

In Italia, gli operatori utilizzeranno il 5G su tre frequenze: 700 MHz, 3,7 GHz e 26 GHz. Le prime due frequenze sono le stesse su cui da anni vengono trasmessi i segnali del digitale terrestre. Ciò implica che queste frequenze sono già state testate e non comportano alcun rischio per la salute.

La terza frequenza, 26 GHz, è certamente più alta rispetto a quelle su cui opera il 4G, ma c’è un dettaglio importante: le antenne 5G utilizzeranno segnali di potenza inferiore rispetto a quelle del 4G, puntando su una distribuzione più ampia delle torri. La frequenza più alta sarà quindi garantita da antenne che emettono segnali con un’intensità inferiore alle tecnologie precedenti, ma con una rete 5G più capillare, mantenendo i livelli di emissione delle radiazioni elettromagnetiche ben al di sotto dei limiti di sicurezza.

Un mito da sfatare riguarda la distribuzione del 5G, che si crede possa ridurre il digital divide, ovvero il divario tra chi ha accesso a Internet e chi non ce l’ha, escludendo alcuni utenti dalla società digitale. Nei primi tempi del 5G, il digital divide potrebbe persino aumentare, poiché il 5G permetterà di fare online cose impossibili con il 4G. La rete 5G non sarà immediatamente disponibile ovunque: si diffonderà progressivamente, con tempi diversi tra Paesi e regioni.

Quando il 5G sarà pienamente operativo e la distribuzione della rete uniforme in tutto il Paese, il digital divide sarà effettivamente ridotto. Prima che la nuova rete si saturi o emergano nuovi servizi in grado di metterla in crisi, passerà tanto tempo che tutti coloro coperti dal 5G non avranno limiti.

Gli smartphone 5G sono pericolosi?

Secondo un report di GSMA, entro il 2025 il 15% delle connessioni a livello globale sarà basato sulla tecnologia 5G. Gli smartphone compatibili potranno sfruttarne tutti i vantaggi, ma alcuni temono che gli smartphone 5G siano pericolosi per la salute.

Le preoccupazioni riguardano le emissioni elettromagnetiche dei dispositivi mobili, definite “elettrosmog”, che da tempo dividono l’opinione pubblica sulla sicurezza dell’uso dello smartphone. Gli smartphone 5G, consentendo un trasferimento dati fino a 100 volte più veloce del 4G, necessitano di componenti diversi, con modem che operano su frequenze tra 30 e 300 GHz, superiori a quelle del 4G, che variano tra 1800 e 2600 MHz.

Queste differenze hanno alimentato timori sulla sicurezza degli smartphone 5G, che però non comportano rischi maggiori rispetto agli smartphone delle generazioni precedenti. L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), che monitora gli effetti dei cellulari sulla salute dal 1996, non ha trovato prove che gli smartphone rappresentino un pericolo per la salute.

Il Dibattito Scientifico

Negli ultimi anni, c’è stato un aumento notevole e diversificato delle fonti di campi elettrici e magnetici (CEM) utilizzati per vari scopi, tra cui quelli personali, industriali e commerciali. Questo incremento ha suscitato preoccupazioni riguardo ai possibili rischi per la salute associati al loro utilizzo.

Alcune ricerche scientifiche hanno indicato che l’esposizione ai campi elettromagnetici prodotti da questi dispositivi potrebbe avere effetti dannosi per la salute, come il cancro, una riduzione della fertilità, perdita di memoria e cambiamenti negativi nel comportamento e nello sviluppo dei bambini. Tuttavia, altre ricerche contestano queste conclusioni. Attualmente, l’effettiva portata del rischio sanitario rimane incerta, sebbene per alcuni tipi di CEM, ai livelli presenti nella vita quotidiana, questo rischio possa essere molto basso o addirittura inesistente.

Il progresso tecnologico, nel senso più ampio del termine, è sempre stato associato a vari rischi, sia percepiti che reali. Oggi, l’opinione pubblica è preoccupata che l’esposizione ai CEM possa causare effetti negativi sulla salute, soprattutto nei bambini. In risposta a queste preoccupazioni, condivise da molti governi, l’OMS e altre organizzazioni hanno avviato numerosi progetti di ricerca per valutare gli effetti biologici e determinare i possibili rischi per la salute.

Inoltre, l’OMS presta particolare attenzione alla percezione del rischio da parte del pubblico. Un sistema di informazione pubblica e di comunicazione tra scienziati, governi, industria e cittadini che non consideri adeguatamente questa percezione può infatti generare sfiducia e timore verso le tecnologie basate sui CEM.

 

I Dati della ricerca scientifica: il peer review

Un’analisi aggregata dei dati di nove indagini epidemiologiche pubblicata sul British Journal of Cancer (Ahlbom et al., 2000.), confermata anche da una serie di studi su animali, che non sembra indicare alcun aumento di rischio. Sull’argomento, un fact sheet dell’Oms, disponibile anche in italiano.
Secondo un documento preparato da Paolo Vecchia, dell’Iss e neopresidente della Commissione internazionale per la protezione dalle radiazioni non ionizzanti, è importante evidenziare che la cautela utilizzata dagli epidemiologi è dovuta anche all’assenza di un supporto biologico all’ipotesi di cancerogenicità. Sarebbe infatti necessario, per sostenere tale ipotesi, poter dimostrare una relazione causa effetto tra esposizione e sviluppo della malattia e individuare i meccanismi di azione e le risposte biologiche connesse alla cancerogenesi.
Nel caso delle telefonia mobile, i campi a radiofrequenza penetrano nei tessuti esposti a profondità fino a un centimetro. La maggior parte degli studi sulle radiofrequenze ha esaminato le conseguenze dell’esposizione a breve termine del corpo intero a campi di livello molto più elevato di quelli normalmente associati alle comunicazioni mobili. L’arrivo dei telefonini ha messo in evidenza la scarsità di studi concentrati sull’esposizione localizzata della testa ai campi a radiofrequenza.

Secondo l’Oms, i risultati più recenti indicano che gli effetti del’esposizione sono minimi e comunque non inducono gravi patologie, come di seguito indicato:

  • Cancro: l’evidenza scientifica attuale indica che l’esposizione a campi a radiofrequenza quali quelli emessi dai telefoni cellulari e dalle stazioni radio base non inducono o favoriscono, verosimilmente, il cancro.
  • Altri rischi sanitari: alcuni scienziati hanno riportato altri effetti legati all’impiego dei telefoni mobili, tra cui cambiamenti nell’attività cerebrale, nei tempi di reazione e nell’andamento del sonno. Questi effetti sono minimi e non sembrano avere alcun impatto sanitario significativo.
  • Interferenza elettromagnetica: quando i telefoni cellulari sono utilizzati in prossimità di dispositivi medicali (tra cui pacemaker, defibrillatori impiantabili e certi apparecchi acustici) è possibile che si provochino interferenze.

Tre importanti studi recentemente pubblicati indicano l’assenza di qualunque aumento di tumore in relazione a qualunque indice di esposizione utilizzato. Anche l’Oms sostiene che “una revisione dei dati scientifici svolta dall’Oms nell’ambito del progetto CEM (vedi Progetti in corso sul sito ISS) ha concluso che, sulla base della letteratura attuale, non c’è nessuna evidenza convincente che l’esposizione a campi elettromagnetici a radiofrequenza abbrevi la durata della vita umana, né che induca o favorisca il cancro.”

FONTI: https://www.epicentro.iss.it/

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