È stato un lungo viaggio, arrivare da là a qua.
È passato molto tempo, ma il mio momento è finalmente arrivato.
E vedrò finalmente i miei sogni avverarsi. Toccherò il cielo.
E non mi terranno giù, ora, no, non mi faranno cambiare idea.
Perché ho la fede del cuore.
Sto andando dove il mio cuore mi condurrà.
Ho fede di credere. Posso fare qualsiasi cosa.
Ho la forza dell’anima. E nessuno mi piegherà o spezzerà.
Posso raggiungere qualsiasi stella.
Ho fede.
Ho fede, fede del cuore.
Sigla di testa del telefilm Star Trek Enterprise
La curiosità è da sempre il motore positivo della nostra evoluzione, senza la quale, probabilmente, la razza umana non sarebbe ancora qui a popolare questo pianeta, con i suoi aspetti positivi e negativi.
Il bisogno di capire ha spinto le generazioni successive a salire sulle spalle delle precedenti, alla ricerca di un significato di quel “tutto” di cui solo da qualche secolo si è iniziato ad afferrare almeno l’essenza superficiale.
In quest’ottica la data odierna dovrebbe esser ricordata come l’inizio di una nuova era nell’esplorazione dell’ universo nel visibile.
Sulla vetta del Cerro Armazones, infatti, sulle Ande cilene a una quota di 3000 metri, è stata posata oggi la prima pietra di quello che è stato definito il telescopio del futuro: l’Extremely Large Telescope, un telescopio dal notevole contributo italiano.
La cerimonia, spostata all’ultimo momento alla Paranal Residencia (2400 metri) a causa delle condizioni avverse presenti in alta quota, si è svolta alla presenza della Presidente della Repubblica del Cile, Michelle Bachelet, del Direttore Generale dello European Southern Observatory (ESO) Tim de Zeeuw, del Presidente dell’Istituto Nazionale di Astrofisica Nichi D’Amico, di Stefania Giannini, in rappresentanza della Commissione esteri del Senato, dell’Ambasciatore italiano Marco Ricci e del console italiano in Cile Nicoletta Gliubich.
Lo strumento permetterà di oltrepassare i limiti dell’ universo conosciuto permettendo di determinare perfino la composizione atmosferica degli esopianeti la cui presenza finora è stata appurata mediante quasi esclusivamente osservazioni indirette.
I pianeti extrasolari, infatti, vengono individuati attraverso due metodi .
Il primo sfrutta la massa del pianeta : quando è sufficientemente elevata può perturbare l’ orbita della stella in maniera marcatamente evidente e da questa modificazione di moto gli studiosi sono in grado di determinare le caratteristiche del pianeta che l’ ha provocata.
La seconda strategia si utilizza quando si ha la fortuna di trovarsi lungo l’ asse immaginario che unisce la stella al pianeta che le orbita intorno: la presenza di quest’ultimo determina delle fluttuazioni periodiche della luminosità stellare. Il telescopio Kepler ha svolto egregiamente la sua funzione di raccolta di dati pluriennale alla ricerca di queste diminuzioni di luminosità e ne ha rilevate numerose.
Il contributo italiano all’ impresa costruttiva del telescopio ciclopico è notevole.
«L’Istituto Nazionale di Astrofisica è in prima linea in questo ambizioso progetto con l’eccellenza dei suoi ricercatori e gioca un ruolo di global player nel contesto della diplomazia scientifica internazionale, dimostrandosi allo stesso tempo un efficiente polo aggregatore dell’industria nazionale» dice D’Amico.
L’Italia è protagonista in questa avventura che oggi ha visto il “via” delle operazioni di costruzione del telescopio – la prima luce dello strumento è prevista per il 2024 – avendo vinto la più grande commessa mai assegnata per un progetto di Astronomia da Terra. Il contratto comprende la progettazione, la realizzazione, il trasporto, la costruzione, l’assemblaggio sul sito dove sarà collocato ELT e la verifica finale della cupola e della struttura meccanica del telescopio. La realizzazione di queste due strutture è una vera e propria sfida ingegneristica, che vedrà la costruzione di una cupola del diametro di 80 metri completamente rotante che avrà una massa complessiva di circa 5000 tonnellate, ma anche la montatura del telescopio e la struttura dove verranno alloggiate le sue ottiche, con una massa complessiva movimentabile di oltre 3000 tonnellate. Per dare un’idea delle dimensioni complessive di ELT, l’altezza della struttura, pari a circa 90 metri, è quella di un palazzo di 30 piani e la superficie della sua pianta è come quella di un campo da calcio.
L’Italia partecipa all’ESO come membro attraverso il Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale (MAECI) che delega la rappresentanza nazionale al Presidente in carica dell’Istituto Nazionale di Astrofisica. All’INAF compete il coordinamento della policy nazionale per l’astrofisica e lo sviluppo delle attività di ricerca e sviluppo in questo settore. L’INAF finanzia le attività di la partecipazione al progetto ELT di ESO attraverso un finanziamento del Ministero dell’Istruzione, Università e Ricerca (MIUR) che si aggiunge alla quota statutaria in carico al MAECI, e promuove la partecipazione dell’industria italiana alle diverse fasi di sviluppo e costruzione delle infrastrutture.
«Attraverso un’azione congiunta del MIUR col nostro Istituto Nazionale di Astrofisica e la diplomazia scientifica che sempre più caratterizza la nostra presenza all’estero, il ruolo giocato dall’Italia – attraverso questo progetto internazionale – è da protagonista assoluto. Per questo motivo, è con grande orgoglio che vediamo nascere, con l’impegno delle imprese italiane, questo grande strumento d’esplorazione del cielo. Il telescopio ELT, con tanta tecnologia italiana nelle sue parti costituenti, testimonia l’alto tasso d’innovazione che le eccellenze del nostro sistema scientifico e industriale sanno esprimere negli scenari internazionali più complessi». Così il ministro degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, Angelino Alfano, ha salutato la posa della prima pietra dell’ELT che, una volta ultimato, sarà il più grande telescopio ottico/infrarosso mai costruito (alto quasi due volte il Colosseo e grande come uno stadio da calcio).
Il progetto vede l’Italia fortemente coinvolta, dal momento che il consorzio italiano ACe (Astaldi, Cimolai e il sub-contrattista incaricato EIE Group) ha vinto l’appalto per la costruzione della struttura principale del telescopio e della sua imponente cupola, mentre l’INAF partecipa alla realizzazione di alcuni dei principali strumenti d’avanguardia che rappresentano il cuore scientifico dell’ELT.
Il futuristico sistema di ottiche adattive studiato dall’INAF per ELT si chiama MAORY e permetterà di annullare gli effetti negativi prodotti dalla turbolenza atmosferica e consentendo così agli strumenti per le osservazioni nel vicino infrarosso di ottenere immagini di nitidezza e profondità eccezionali, risultato possibile sfruttando una costellazione di stelle artificiali prodotte tramite raggi laser puntati verso il cielo.
La grande risoluzione spaziale di ELT sarà fondamentale per il lavoro dello strumento MICADO che verrà installato a valle di MAORY, le immagini acquisite da MICADO saranno le più nitide e risolute mai ottenute da uno strumento astronomico sia da terra che dallo spazio. MICADO, al cui sviluppo partecipa anche l’INAF, supererà di gran lunga per finezza delle immagini il telescopio spaziale americano Hubble ma anche il nuovo telescopio spaziale prossimo al lancio JWST.
Altro gioiello dell’ELT, in cui l’INAF è coinvolto, è HIRES, uno spettrografo ad altissima risoluzione e grande stabilità temporale. Traendo profitto dall’enorme quantità di luce raccolta da ELT consentirà per la prima volta di analizzare la composizione chimica delle atmosfere dei pianeti extrasolari stabilendo se possono ospitare vita vegetale o animale. In virtù della sua stabilità e precisione HIRES consentirà inoltre di scoprire e determinare la massa di piccoli pianeti e corpi orbitanti attorno ad altre stelle e di studiare la fasi di formazione dei pianeti intorno a stelle giovani appena formate.
Insomma, le aspettative future sono notevoli: attendiamo con ansia sviluppi orgogliosi di essere italiani.
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