L’articolo nasce dall’addio al blog dei Rudi Matematici su Le Scienze, annunciato con un post emblematico intitolato Addio, e grazie per tutto il pesce!. Dopo 16 anni, oltre 900 articoli e migliaia di commenti, i Rudi salutano la piattaforma che li ha ospitati, vittima di una decisione strategica del Gruppo Editoriale che ha chiuso l’intera sezione blog. Questo addio non è solo un momento nostalgico, ma un’occasione per riflettere sul destino dei blog, un tempo pilastri della comunicazione digitale. Mentre podcast e social media dominano, ci si chiede: i blog sono davvero giunti al tramonto o si stanno solo trasformando?
Nel vasto e mutevole panorama digitale, la domanda “I blog sono morti?“ riecheggia con crescente insistenza. È una provocazione che invita non solo a riflettere sull’evoluzione di internet, ma anche a fare i conti con un’epoca in cui i blog erano il fulcro della comunicazione online, un tempo simbolo di libertà espressiva e interazione diretta tra autori e lettori. Tuttavia, come ogni fenomeno, anche i blog sembrano avere raggiunto il loro crepuscolo.
Il caso dei Rudi Matematici: un addio simbolico
Un esempio emblematico è la recente chiusura del blog dei Rudi Matematici ospitato da Le Scienze, annunciata con un ultimo post dal titolo evocativo: Addio, e grazie per tutto il pesce! – un chiaro omaggio alla “Guida Galattica per Autostoppisti” di Douglas Adams. Con più di 900 articoli pubblicati in 16 anni e quasi 11.700 commenti, il blog non cessa per mancanza di contenuti o per stanchezza degli autori. La chiusura si colloca invece all’interno di una strategia editoriale del gruppo – così viene spiegato dagli autori – che ha deciso di chiudere l’intera piattaforma dei blog.
Nonostante la fine del blog, i Rudi continueranno a pubblicare su altri spazi, dimostrando che l’essenza della loro comunicazione si trasforma, ma non si spegne. La decisione, tuttavia, apre un interrogativo più ampio: il formato blog ha davvero esaurito la sua rilevanza?
Un’evoluzione tecnologica e sociale
L’abbandono dei blog non è un evento isolato. Da piattaforme come Medium che vedono un calo di utilizzo, ai blog personali che si spengono lentamente, il trend sembra evidente: i blog sono stati progressivamente soppiantati da altri formati di contenuto digitale. La ragione di questo cambiamento si può rintracciare in vari fattori:
- Ascesa dei social media: Facebook, Instagram, Twitter (ora X) e TikTok hanno ridisegnato il modo in cui le persone consumano contenuti. La comunicazione è diventata più immediata, visiva e, soprattutto, rapida.
- Il boom dei podcast e dei video: Formati più dinamici e adatti ai ritmi di vita odierni, capaci di catturare l’attenzione in pochi minuti o di accompagnare le persone in momenti specifici della giornata (come durante un viaggio in auto o una sessione di allenamento).
- Mutata percezione del pubblico: I lettori di oggi preferiscono brevi aggiornamenti su temi specifici, spesso confezionati in thread di Twitter o in reels su Instagram, rispetto ai lunghi articoli di un blog.
Un vuoto incolmabile
Nonostante il declino, i blog lasciano un vuoto che i nuovi formati non riescono a colmare del tutto. Come sottolineato dai Rudi Matematici nel loro commiato, la peculiarità dei blog non era soltanto la libertà di scrivere articoli lunghi e approfonditi, ma la possibilità di creare uno spazio di interazione tra i lettori, un luogo virtuale dove idee e opinioni si intrecciavano in modo organico e stimolante.
Questa dimensione comunitaria, difficile da replicare nei social media, è stata una delle forze trainanti dei blog. I commenti non erano soltanto un feedback, ma un’estensione del contenuto stesso, un dialogo che spesso arricchiva l’articolo iniziale.
I blog sono davvero morti?
La risposta è meno semplice di quanto sembri. I blog, come li abbiamo conosciuti nei primi anni 2000, sono sicuramente in declino. Tuttavia, il formato non è morto, ma ha subito una trasformazione. Molti professionisti continuano a utilizzarli come strumento per costruire la propria identità digitale, per creare contenuti di nicchia o per approfondire temi che non trovano spazio nei social media.
Anche piattaforme come Substack e Ghost dimostrano che c’è ancora un pubblico disposto a leggere contenuti approfonditi, purché siano ben curati e offerti in un contesto che valorizzi l’autore. Inoltre, i blog sopravvivono come archivi digitali di idee, pensieri e narrazioni che non si perdono nella fugacità dei social media.
Libri… addio? Lo dicevano anche per i libri (cartacei)
Ogni epoca digitale sembra portare con sé un’inevitabile profezia di fine per qualcosa che ci è caro. I blog, nati come spazi di libertà espressiva e dialogo, oggi sono oggetto di un malinconico dibattito: sono davvero morti? Questo interrogativo richiama alla mente un’altra discussione simile, quella sull’imminente scomparsa dei libri cartacei in favore degli ebook, un tema sollevato e ampiamente discusso anche sul ventennale blog “Gravità Zero” con articoli come Libri addio? e Libri addio: the day after.
Tra il 2008 e il 2012, la crescita degli ebook sembrava inarrestabile, e molti ne profetizzavano il sorpasso definitivo sui libri stampati. Tuttavia, a distanza di anni, i libri cartacei continuano a resistere, trovando nel tempo una nuova complementarità con i formati digitali. Similmente, i blog non sono forse del tutto scomparsi, ma si stanno trasformando per adattarsi a nuovi contesti e linguaggi digitali.
Così come i libri cartacei hanno trovato una seconda vita grazie al loro valore tattile, estetico e simbolico, anche i blog potrebbero trovare nuovi spazi e significati, riaffermando il loro ruolo in un panorama mediatico dominato dalla velocità e dalla frammentazione dei contenuti.
La domanda, quindi, non è tanto se i blog siano davvero morti, quanto piuttosto se sapremo valorizzarne l’eredità in forme e contesti nuovi, esattamente come è avvenuto per i libri.