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CENSIS: italiani sempre più anti-occidentali, meno colti e impreparati per il futuro

Per il 32,4% degli italiani la Cappella Sistina è stata affrescata da Giotto o da Leonardo. La fotografia nell’analisi contenuta nel 58° Rapporto sulla situazione sociale del Paese. 

Il rapporto del Censis offre una fotografia impietosa dell’Italia del 2024, descrivendo un Paese bloccato da una “sindrome italiana” che impedisce cambiamenti significativi. La società appare in stagnazione, con redditi in calo e una diffusa sfiducia nella mobilità sociale.

La sindrome italiana

Nonostante alcuni record positivi (occupazione e turismo) e negativi (denatalità, debito pubblico, astensionismo), il quadro complessivo è di immobilismo. La “sindrome italiana” è caratterizzata dalla mancanza di slanci verso il progresso economico e sociale: il Paese rimane sulla linea di galleggiamento, senza crolli drammatici ma anche senza significative ascese. Gli ultimi vent’anni hanno visto un calo del reddito disponibile pro capite del 7%, mentre la ricchezza netta è diminuita del 5,5%. L’85,5% degli italiani ritiene difficile migliorare la propria posizione sociale, alimentando un clima di rassegnazione e disincanto.

Il Paese degli ignoranti

Siamo culturalmente preparati al salto d’epoca? La mancanza di conoscenze di base rende i cittadini più disorientati e vulnerabili. Per quanto riguarda il sistema scolastico, non raggiungono i traguardi di apprendimento in italiano: il 24,5% degli alunni al termine delle primarie, il 39,9% al termine delle medie, il 43,5% al termine delle superiori (negli istituti professionali il dato sale vertiginosamente all’80,0%). In matematica: il 31,8% alle primarie, il 44,0% alle medie e il 47,5% alle superiori (il picco si registra ancora negli istituti professionali, con l’81,0%). Il 49,7% degli italiani non sa indicare correttamente l’anno della Rivoluzione francese, il 30,3% non sa chi è Giuseppe Mazzini (per il 19,3% è stato un politico della prima Repubblica), per il 32,4% la Cappella Sistina è stata affrescata da Giotto o da Leonardo, per il 6,1% il sommo poeta Dante Alighieri non è l’autore delle cantiche della Divina Commedia. Mentre si discute di egemonia culturale, per molti italiani si pone invece il problema di una cittadinanza culturale ancora di là da venire (del resto, per il 5,8% il «culturista» è una «persona di cultura»). Nel limbo dell’ignoranza possono attecchire stereotipi e pregiudizi: il 20,9% degli italiani asserisce che gli ebrei dominano il mondo tramite la finanza, il 15,3% crede che l’omosessualità sia una malattia, il 13,1% ritiene che l’intelligenza delle persone dipenda dalla loro etnia, per il 9,2% la propensione a delinquere avrebbe una origine genetica (si nasce criminali, insomma), per l’8,3% islam e jihadismo sono la stessa cosa.

Giovani: i disagiati e i salvati

Il 58,1% dei giovani di 18-34 anni si sente fragile, il 56,5% si sente solo, il 51,8% dichiara di soffrire di stati d’ansia o depressione, il 32,7% di attacchi di panico, il 18,3% accusa disturbi del comportamento alimentare, come anoressia e bulimia. Solo in alcuni casi si arriva a una vera patologia conclamata: un giovane su tre (il 29,6% del totale) è stato in cura da uno psicologo e il 16,8% assume sonniferi o psicofarmaci. Ma c’è anche una maggioranza silenziosa fatta di giovani che mettono in gioco strategie individuali di restanza o rilancio per assicurarsi un futuro migliore, in Italia o all’estero. Dal 2013 al 2022 sono espatriati circa 352.000 giovani tra i 25 e i 34 anni (più di un terzo del totale degli espatri). Di questi, più di 132.000 (il 37,7%) erano in possesso della laurea. Negli anni i laureati sono aumentati: nel 2013 erano il 30,5% degli emigrati dall’Italia, nel 2022 erano diventati il 50,6% del totale.

L’Italia a corto di

Nel 2023 la quota di figure professionali di difficile reperimento rispetto ai fabbisogni delle imprese è arrivata al 45,1% del totale delle assunzioni previste (era pari al 21,5% nel 2017). È aumentato soprattutto il peso delle figure difficili da reperire per esiguità dei candidati: dal 9,7% del totale delle assunzioni previste nel 2017 al 28,4% nel 2023. Tra gli under 29 anni, sono di difficile reperimento per esiguità dei candidati il 34,1% delle professioni intellettuali, scientifiche e di elevata specializzazione e il 33,3% delle professioni tecniche. Nel 38,9% dei casi non si riescono a trovare giovani che vogliano fare gli artigiani, gli agricoltori o gli operai specializzati. Specialisti e tecnici della salute sono ormai la primula rossa del mercato del lavoro. Il ridotto numero di candidati riguarda ben il 70,7% della domanda di lavoro per infermieri e ostetrici, il 66,8% per i farmacisti e il 64,0% delle posizioni aperte per il personale medico. Ristoratori e albergatori non riescono a trovare soprattutto cuochi (il tasso di irreperibilità per ridotto numero di candidati è salito al 39,1%) e camerieri (35,3%). La carenza di candidati riguarda anche gli idraulici (il 47,7% delle assunzioni previste) e gli elettricisti (40,2%).

Identità e conflitti

Il declino economico e sociale ha inasprito il dibattito identitario, sostituendo le rivendicazioni di classe. Le identità etniche, culturali, religiose e di genere sono diventate centrali, spesso portando a divisioni: il 38,3% si sente minacciato dai migranti, il 29,3% è ostile a modelli familiari diversi dal tradizionale, e il 21,8% prova diffidenza verso chi ha una religione diversa. Questi dati sottolineano un’Italia polarizzata e incline alla logica dell’“amico-nemico.”

Cittadinanza e immigrazione

Il rapporto evidenzia che, pur essendo al primo posto in Europa per cittadinanze concesse, il concetto di “italianità” resta per molti immutabile, legato alla discendenza diretta (57,4%) o alla fede cattolica (36,4%). Negli ultimi dieci anni sono stati naturalizzati quasi 1,5 milioni di nuovi italiani, ma persiste una percezione di chiusura culturale.

Crisi culturale

L’ignoranza di base è un problema diffuso: alti livelli di analfabetismo funzionale si riscontrano tra studenti di tutti i livelli scolastici, con punte preoccupanti negli istituti professionali. Circa il 49,7% degli italiani non conosce l’anno della Rivoluzione francese, e stereotipi radicati, come quello degli ebrei dominatori della finanza o dell’omosessualità come malattia, riflettono una profonda crisi culturale.

Problemi economici

Nonostante un aumento dell’occupazione (23,8 milioni di posti di lavoro), il PIL stenta a crescere e l’Italia resta ultima in Europa per tasso di occupazione. Se il tasso di attività fosse pari alla media europea, il Paese avrebbe 3 milioni di lavoratori in più.

Turismo e industria

Il turismo è in espansione, con 447 milioni di presenze nel 2023 (+18,7% rispetto al 2013), ma l’industria mostra segnali di declino, con una riduzione della produttività tra il 2019 e il 2023 (-1,2%).

Disoccupazione giovanile e carenza di professionisti

Il mercato del lavoro è afflitto da una grave mancanza di figure professionali: il 45,1% delle posizioni è di difficile reperimento, con settori come sanità e ristorazione particolarmente colpiti. Tra i giovani, quasi il 60% si sente fragile o ansioso, e oltre 352.000 tra i 25 e i 34 anni sono emigrati dal 2013, spesso altamente qualificati.

Rottura tra città e campagne

Le disuguaglianze territoriali si fanno sempre più evidenti. Nei comuni con meno di 2.000 abitanti, quasi il 70% delle famiglie incontra difficoltà ad accedere a servizi essenziali come farmacie e pronto soccorso.

Welfare e sanità

Le difficoltà del sistema sanitario pubblico hanno spinto molti italiani verso cure private, con un aumento del 23% della spesa sanitaria pro capite tra il 2013 e il 2023. La maggioranza dei cittadini è preoccupata per la propria pensione futura.

Passaggi generazionali

Il calo demografico sta concentrando la ricchezza nelle mani di poche famiglie. Le generazioni più giovani, destinate a ereditare patrimoni significativi, potrebbero essere meno inclini al rischio imprenditoriale, preferendo un approccio conservativo.

Sicurezza e criminalità

Nonostante un calo dei reati gravi come omicidi (-32,1% dal 2013) e furti (-41,3%), la percezione di insicurezza è in aumento. L’85,5% delle famiglie ha adottato misure di protezione domestica, mentre quasi 1,7 milioni di italiani possiedono armi da fuoco.

Solitudine e socialità

La pandemia ha accentuato il fenomeno della solitudine: oltre 8,8 milioni di italiani vivono soli, ma c’è un aumento della partecipazione ad attività sociali come concerti e fiere. Tuttavia, gli anziani restano esclusi dalla rinascita della convivialità.

Il rapporto dipinge un’Italia in bilico tra crisi e resilienza, con profonde sfide economiche, sociali e culturali da affrontare per uscire dalla “sindrome italiana.”

Fonte: CENSIS