Confermata la teoria che è un punto di riferimento della fisica valsa il Premio Nobel all’italiano Carlo Rubbia
Il 17 settembre 2024, il CERN ha annunciato di aver ottenuto la misura più precisa della massa del bosone W, la particella subatomica scoperta nel 1983 da Carlo Rubbia, che valse a lui e a Simon van der Meer il Premio Nobel per la Fisica. Questo importante risultato è stato raggiunto grazie all’esperimento CMS (Compact Muon Solenoid) condotto presso il Large Hadron Collider (LHC), l’acceleratore di particelle più potente al mondo.
La nuova misura, pari a 80.360,2 megaelettronvolt (MeV), rappresenta un significativo passo avanti nella validazione del Modello Standard della fisica delle particelle. Questo modello, sviluppato a partire dagli anni ’70, descrive con successo le interazioni tra le particelle subatomiche, comprese le forze elettromagnetiche, deboli e forti. La precisione di questa nuova misura è stata accolta con grande entusiasmo dalla comunità scientifica, che l’attendeva da tempo.
Giacomo Sguazzoni, ricercatore presso l’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN) e responsabile italiano dell’esperimento CMS, ha sottolineato come un risultato di tale precisione fosse impensabile quando LHC e CMS furono progettati. È il frutto di molti anni di lavoro intenso, durante i quali sono state superate molte sfide sperimentali. Lorenzo Bianchini, anch’egli ricercatore dell’INFN e coordinatore del progetto dedicato a questa misura, ha evidenziato come il risultato sia stato ottenuto utilizzando solo un decimo dei dati raccolti durante il run 2 dell’LHC, ovvero il periodo di attività dell’acceleratore tra il 2015 e il 2018.
La misura della massa del bosone W era già stata effettuata in passato, con una crescente accuratezza. Tuttavia, la misura ottenuta nel 2022 al Fermilab negli Stati Uniti aveva sollevato interrogativi, poiché il valore rilevato risultava sorprendentemente alto rispetto alle previsioni teoriche. Il risultato del CMS, invece, è in linea con il Modello Standard e con tutte le precedenti misurazioni, escludendo la necessità di nuovi fenomeni fisici o particelle sconosciute per spiegare i dati raccolti.
Stefania De Curtis, direttrice del Galileo Galilei Institute dell’INFN, ha commentato che questo risultato non esclude la possibilità che nuove particelle o fenomeni possano ancora essere scoperti in futuro, lasciando aperta la porta a ulteriori sorprese nel campo della fisica delle particelle.
In sintesi, questa nuova misura rappresenta una conferma cruciale per il Modello Standard, consolidando ulteriormente le basi della nostra comprensione delle leggi fondamentali dell’universo.
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