In Fisica, scoperte sensazionali – sia a scala cosmologica che subatomica – sono all’ordine del giorno. Tutte contribuiscono a svelare una realtà sempre più complessa ed articolata, che la scienza cerca di comprendere insinuandosi nei segreti dell’universo in modo sempre più intrusivo.
I notevoli progressi tecnologici, i potenti telescopi spaziali, i grandi interferometri, le sonde e le missioni spaziali, consentono osservazioni e immagini impensabili fino a poco tempo fa. Il risultato è che “la fisica sperimentale e i metodi di indagine diretta anche a livello cosmologico, viaggiano più rapidi della nostra comprensione della fisica” – osserva il Prof. Massimo Auci, che abbiamo intervistato per fare il punto della situazione, sui progressi già ottenuti e sulle prospettive della fisica, in particolare dell’astrofisica.
Per i lettori di Gravità Zero, il Prof. Auci non ha bisogno di presentazioni, essendo tra i fondatori della testata. È stato intervistato più volte anche in merito alla Bridge Theory, teoria da lui stesso elaborata, che descrive in chiave elettromagnetica il mondo quantistico e le sue incongruenze (1).
Professore anzitutto grazie per avere concesso questa intervista.
Come prima domanda vorrei sapere a che punto sono gli studi sulla Bridge Theory da lei elaborata?
“Grazie per questa domanda che mi coinvolge da vicino. La Bridge Theory nasce come un modello elettromagnetico di interazione tra particelle cariche, la stesura originale risale ormai agli anni ottanta ed è in grado di spiegare come hanno avuto origine le costanti di Planck e di struttura fine, ovviamente oggi la teoria è molto cresciuta anche se ancora poco conosciuta, ma sempre di più svolge il suo ruolo di collegamento tra i cosiddetti fenomeni elettromagnetici classici e quelli quantistici relativistici”.
Le costanti a cui si riferisce hanno a che vedere con la quantizzazione e il modello atomico, vero?
“Sì, anche se ancora in pochi credono che possa essere considerato un modello quantistico valido, la teoria allo stato attuale spiega quanto di più misterioso c’è in natura, l’origine della quantizzazione e il suo legame con la Relatività, ma nella prima stesura spiegava solo la cosiddetta prima quantizzazione, cioè la natura discreta dei fotoni che mediano gli scambi energetici. Purtroppo per una teoria non standard la strada è sempre in salita, gli atteggiamenti più frequenti sono cercare di confutarla, ma ancora nessuno c’è riuscito, o semplicemente non conoscendola la si ignora e questo è quanto per la maggior parte accade”
Quali sono le maggiori critiche che vengono mosse al suo lavoro?
“Visto che nessuno ancora lo ha confutato nessuna, come le ho detto i più non lo conoscono ancora, altri lo conoscono ma lo prendono con diffidenza, in quanto toccare la Meccanica Quantistica è quasi un tabù. Dopo le prime pubblicazioni degli anni ottanta, alla fine degli anni novanta il modello è diventato una teoria quantistica completa che ridefinisce i fondamenti della Meccanica Quantistica standard senza però alterarne i contenuti fondamentali”.
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Successivamente, studi recenti hanno portato la teoria a incorporare anche la relatività speciale, più precisamente ho potuto dimostrare come le interazioni quantistiche tra particelle siano conformi con il principio di relatività, perciò la teoria, mette naturalmente in accordo fenomeni quantistici e relativistici prima di ora concettualmente estranei. Proprio questo è il tema delle ultime pubblicazioni e in particolare dell’ultima sul Journal of Modern Physics del 18 di ottobre dello scorso anno. Esistono poi ulteriori sviluppi ma di questi è ancora prematuro parlarne”.
Cosa ha di diverso la Bridge Theory dalle altre teorie fisiche?
“Vede, la Bridge Theory non è per nulla estranea alla fisica che già ben conosciamo, fornisce però nuove informazioni e previsioni, tutte assolutamente verificabili, come per esempio una spiegazione all’entanglement e alla superluminalità di una certa categoria di interazioni tra particelle. Esiste poi la concreta possibilità di dare una spiegazione anche alla gravità e alle interazioni forti e questa possibilità mi spinge sempre di più a lavorare, perché darebbe impulso ad un inquadramento cosmologico della teoria. Il sogno di qualunque fisico, non trova? Gianfranco Bologna, un mentore, collega e amico, scomparso ormai da parecchi anni mi diceva che non deve essere il fisico a dire alla natura come comportarsi ma la natura a suggerire al fisico la strada da seguire per comprenderla ed è proprio questo che io faccio. Per dirlo in breve, la Bridge Theory sembra permetterci di comprendere meglio anche i fenomeni più ostici”.
Attualmente si registrano sempre più spesso nuove scoperte di grande rilevanza nella fisica: il rilevamento del bosone di Higgs, la prova dell’esistenza delle onde gravitazionali, l’individuazione di due buchi neri che si scontrano: quale potrebbe essere la prossima scoperta in grado di rivoluzionare l’astrofisica?
“Proprio quel che le dicevo, la fisica sperimentale e i metodi di indagine diretta anche a livello cosmologico, viaggiano più rapidi della nostra comprensione della fisica. Questo ha già recentemente portato alla evidenziazione di un enigma non di poco conto. La precisione delle misure effettuate sul fondo cosmico a microonde e sul contenuto di materia su scala intergalattica ha portato il gruppo di Adam Riess a individuare una netta discrepanza tra la costante di Hubble misurata sul fondo e quella misurata a livello galattico con l’uso delle variabili cefeidi. Questa differenza di misure inspiegabile con il modello standard, può avere diverse interpretazioni ma in ogni caso porta ad affermare che o è il modello standard della cosmologia a non essere corretto o è la fisica che conosciamo a non essere corretta, oppure entrambi. La costante di Hubble è direttamente connessa all’età dell’universo a partire da quel che definiamo tempo zero nella teoria del Big Bang. Si capisce quindi come questa discrepanza porti a concludere che se l’universo ha avuto un’origine, ad un certo punto si è messo ad espandersi molto più velocemente di quanto non dovesse fare, quindi molto facilmente c’è qualcosa che ancora non conosciamo e che le teorie attuali non sono in grado ancora di spiegare”.
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A che punto sono gli studi sulla materia oscura?
“Possiamo dire che al momento sono ad un punto morto. Si sperava che LHC permettesse di evidenziare fenomeni o nuove particelle con caratteristiche tali da poter essere considerate valide candidate alla materia oscura, cioè materia in grado di generare gli effetti gravitazionali che osserviamo nella dinamica rotazionale delle galassie; materia che pur non essendo visibile agli strumenti consueti come la materia ordinaria è in grado di agire gravitazionalmente. Lo stesso problema lo abbiamo con la cosiddetta energia oscura. Se esiste, potrebbe essere responsabile proprio della discrepanza osservata dal gruppo di Riess, sebbene non si capisca come mai i suoi effetti si siano verificati solo in particolari momenti della storia dell’universo e non con continuità come ci si aspetterebbe. Insomma, l’incapacità di comprendere sta portando la fisica a ricercare nuove idee in grado di spiegare ciò che vediamo. Per fare un esempio, sempre più fisici lavorano sulle teorie MOND (MOdified Newtonian Dynamics) che fanno uso di modifiche alla gravità newtoniana che agirebbero diversamente su scale differenti rendendo inutile il ricorso alla presenza di materia ed energia oscura. Ovviamente bisogna sempre capire perché l’universo si comporterebbe in questo modo strano per molti versi incompatibile con la relatività generale. Tra l’altro, da uno studio recentissimo condotto con grandi telescopi come il Very Large Array, si dimostra che ogni galassia delle 44 studiate evidenzia fenomeni gravitazionali peculiari non standard che nemmeno le teorie MOND potrebbero spiegare”.
La dimostrazione dell’esistenza delle onde gravitazionali ha aggiunto un nuovo messaggero cosmico a quelli già noti, quali luce, onde radio, raggi X e gamma attraverso i quali è possibile indagare sui fenomeni cosmici. Quale potrebbe essere un altro fenomeno complementare a quelli già noti?
“Sicuramente posso dire che l’affinamento delle tecniche di rivelazione delle onde gravitazionali insieme alle controparti ottiche e gamma dei fenomeni che le hanno generate, permette una “sovrapposizione di immagine” tale da poter comprendere il Cosmo ad ogni livello sino ad arrivare allo spazio tempo che lo contiene. Mi potrei persino spingere fino ad immaginare delle tecniche di ricostruzione dell’immagine, esattamente quel che si fa con radio, ottico, X e gamma, solo nello spettro del gravitazionale. Ciò permetterebbe di avere un’immagine completa dei limiti dell’universo, un po’ come un’onda su una corda: quando arriva al termine della corda, si riflette dando origine a onde stazionarie che ci danno informazioni sulla lunghezza massima della corda. Probabilmente questa è stata l’origine delle disomogeneità nella materia che hanno generato le galassie”.
Più passa il tempo e le teorie di Einstein trovano conferme. Esiste qualche conclusione che sia stata smentita finora? (Intendo non quelle che non hanno ancora trovato conferma)
“So che esistono delle correnti anti-Einstein anche tra noi fisici, ma certamente no: fino ad ora tutto quanto predetto nella teoria della relatività ha avuto conferma; magari qualcosa è migliorabile. Teniamo presente che i risultati ottenuti da Einstein si riferiscono a più di 100 anni fa, le tecniche di calcolo erano assolutamente manuali; ora noi usiamo quotidianamente la relatività, anche solo per un banale smartphone con il GPS.
Che idea si è fatto riguardo l’origine del cosmo: è più convincente la Teoria del Big Bang o quelle di Hawking che la confutano?
“Penso che lei si riferisca al Big Bang classico, all’idea della singolarità iniziale. La teoria del Big Bang è notoriamente superata, le misure effettuate sul fondo cosmico portano ad un modello che ha il nome di modello a bolle detto anche inflazione caotica. Sul come avvenga l’inflazione caotica esistono diverse varianti. Un paio di anni prima che lo stato di salute di Steven Hawking peggiorasse e, per così dire, sparisse dalla scena pubblica, ho avuto la possibilità di scambiare con lui qualche email. All’epoca era comparso su arXiv un suo breve articolo nel quale affermava che i black-hole non esistono. Ovviamente era un’ultima provocazione, certo che esistono, lo abbiamo anche “fotografato”.
Hawking credeva fermamente che i buchi neri non sono poi così neri, nel senso che scambiano informazione con lo spazio-tempo che li circonda. In un certo senso possiamo dire che emettono, o meglio evaporano informazioni sullo stato quantico della materia che catturano, quindi per definizione non sono neri, nel senso che non è vero che nulla esce. In quell’occasione scrissi anche un articolo divulgativo sul tema. Per Hawking la singolarità iniziale era una sorta di black-hole primordiale, una singolarità assoluta parte di una schiuma quantica in cui lo spazio-tempo non ha alcun senso perché semplicemente non si è ancora formato. In questo senso il Big Bang non è avvenuto come ce lo immaginiamo da un’unica gigantesca singolarità ma può accadere molte volte, solo che non ha senso chiedersi dove e quando. Se posso dire la mia, anche in Bridge Theory si verifica un fenomeno simile; ho pubblicato su arXiv un articolo proprio a questo riguardo (2).
L’articolo, tratto da una comunicazione ad un congresso della Società Italiana di Fisica è stato sottomesso all’Astrophysical Journal Letters ma, non pubblicato in quanto non idoneo agli obbiettivi della rivista, decisamente più sperimentale-osservativa e poco teorica-speculativa. Poi mi sono messo a far altro ed è rimasto li, ma sto cercando di rimediare. Secondo questo lavoro potrebbe esistere una forma molto particolare di materia, un condensato di Bose-Einstein di micro-black-hole, una particolarissima forma di materia a noi non visibile, con proprietà tali da essere in grado di dare il via alla formazione di bolle di spazio-tempo e energia in qualunque istante, ammesso che si sia in grado di definire il tempo quando ancora non può esistere”(3).
Quindi è corretto quanto Einstein aveva sintetizzato in una frase rispetto a quanto stiamo vivendo oggi: “Una cosa ho imparato nella mia lunga vita: che tutta la nostra scienza, commisurata alla realtà, è primitiva e infantile, eppure è la cosa più preziosa che abbiamo.”
“Niente di più appropriato”.
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Massimo Auci: Laureato in Astrofisica e Fisica Cosmica all’Università di Torino, presso la quale ha lavorato in Astronomia neutrinica, è attualmente docente di fisica e matematica presso la Scuola Internazionale Europea Altiero Spinelli di Torino e Vicepresidente di Odisseo Space, associazione culturale volta alla divulgazione e promozione scientifica del settore spaziale attraverso studi, ricerche e progettazione di politiche spaziali. È inoltre uno dei fondatori del blog di divulgazione scientifica Gravità Zero e autore di numerosi libri ed articoli scientifici su prestigiose riviste del settore.
Viviana Iavicoli
Ricercatore dell’Istituto di Studi Giuridici Internazionali (ISGI)
del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR).
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[ 1 ] Massimo Auci, il fisico che spiega l’Unificazione tra Meccanica Quantistica e Relatività Speciale
[ 2 ] Massimo Auci – Self-gravitational red shift effect and micro-black holes production in dipolar electromagnetic sources, Arxiv, Cornell University
[ 3 ] Massimo Auci – Hawking: i buchi neri non ci sono. Scoppia il caso
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