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Dal cervello alla mente: che cos’è la coscienza?

«Bisogna avere sempre una mente aperta, ma non così aperta che il cervello caschi per terra».
Piero Angela e James Randi.

La coscienza e il pensiero sono tra i fenomeni più complessi e misteriosi che la scienza si sia mai trovata a studiare. Definirli, comprenderli e misurarli pone sfide uniche, che spaziano dalla filosofia alla neurobiologia, passando per la fisica e la psicologia cognitiva. In questo contesto, la scienza ha sviluppato teorie e modelli per spiegare cosa sia la coscienza e come il pensiero emerga dal cervello umano.

Coscienza: definizioni e sfide

Il termine “coscienza” si riferisce tipicamente alla consapevolezza soggettiva che un individuo ha di sé stesso e dell’ambiente circostante. È la capacità di sperimentare sensazioni, emozioni, pensieri e ricordi. Tuttavia, definire la coscienza è complicato, poiché è un fenomeno intrinsecamente soggettivo e sfugge a una descrizione empirica precisa.

Dal punto di vista scientifico, uno dei problemi più difficili nello studio della coscienza è il cosiddetto “problema difficile” (hard problem), come descritto dal filosofo David Chalmers. Questo problema si riferisce alla difficoltà di spiegare come e perché le esperienze soggettive sorgano da processi fisici nel cervello. Anche se possiamo osservare e misurare le attività cerebrali, non è ancora chiaro come queste attività si traducano in esperienze coscienti.

Il cervello e la coscienza

La neurobiologia ha compiuto grandi progressi nello studio della coscienza, evidenziando che certe regioni del cervello, come la corteccia prefrontale e il talamo, svolgono un ruolo chiave nella generazione degli stati coscienti. La corteccia prefrontale è particolarmente coinvolta nelle funzioni cognitive superiori, come la pianificazione e la consapevolezza, mentre il talamo agisce come un centro di smistamento che coordina le informazioni tra diverse aree cerebrali.

Uno degli approcci più promettenti nello studio della coscienza è la Teoria dell’Informazione Integrata (Integrated Information Theory, IIT), proposta dal neuroscienziato Giulio Tononi. Secondo questa teoria, la coscienza emerge quando un sistema è in grado di integrare grandi quantità di informazioni in un’unità coerente. Questo concetto di “integrazione dell’informazione” implica che un sistema cosciente non solo riceve input dal mondo esterno, ma è anche in grado di collegare questi input in una rete di rappresentazioni complesse e interconnesse.

In questa prospettiva, la coscienza non è un processo binario (presente o assente), ma un continuum che può variare in base alla capacità del cervello di integrare informazioni. Ad esempio, il livello di coscienza durante il sonno è molto più basso rispetto a quello di una persona sveglia, poiché le reti neurali non sono altrettanto attive e integrate.

Il pensiero: un processo cognitivo complesso

Il pensiero è un’altra funzione fondamentale della mente umana. È il processo attraverso cui elaboriamo informazioni, prendiamo decisioni, risolviamo problemi e facciamo inferenze. La scienza cognitiva studia come il cervello elabora le informazioni attraverso una serie di passaggi, che includono la percezione, la memoria, l’attenzione e il ragionamento.

Uno degli aspetti centrali del pensiero è la memoria di lavoro (working memory), una funzione che ci permette di mantenere e manipolare attivamente le informazioni nel breve termine. Questa è essenziale per processi cognitivi complessi come il ragionamento logico e la risoluzione dei problemi. La corteccia prefrontale gioca un ruolo chiave nella memoria di lavoro, permettendoci di confrontare informazioni nuove con ciò che già sappiamo, e di pianificare azioni future.

Le neuroscienze e la rete neurale

Grazie ai progressi nelle tecniche di imaging cerebrale, come la risonanza magnetica funzionale (fMRI) e l’elettroencefalografia (EEG), gli scienziati possono ora osservare le aree del cervello attive durante il pensiero cosciente. Si è scoperto che il pensiero non è confinato a una singola regione, ma coinvolge un’ampia “rete neurale” che collega più aree, tra cui la corteccia prefrontale, i lobi parietali e temporali, e le strutture più profonde come l’ippocampo.

Un concetto interessante legato al pensiero è quello della rete in modalità predefinita (Default Mode Network, DMN), una rete di regioni cerebrali che si attiva quando una persona è in stato di riposo mentale, ossia non è impegnata in un compito specifico. Questa rete è coinvolta nel pensiero astratto, nella riflessione su sé stessi e nel richiamo di ricordi. È un esempio di come il cervello, anche in assenza di stimoli esterni, continui a generare pensieri e a riflettere su esperienze passate e future.

La filosofia della mente e la scienza della coscienza

La coscienza è un tema che non può essere separato dalla filosofia. Filosofi come René Descartes, John Locke e Immanuel Kant hanno posto le basi per molte delle questioni che oggi la scienza cerca di affrontare. Descartes, in particolare, ha sottolineato la distinzione tra la mente e il corpo, un problema noto come “dualismo”. Questo ha alimentato una lunga discussione filosofica su come la mente (una sostanza immateriale) possa interagire con il corpo fisico.

Nel contesto scientifico moderno, molti ricercatori aderiscono a una visione materialista o monista, secondo la quale la mente e la coscienza sono prodotti emergenti dall’attività fisica del cervello. Tuttavia, ci sono teorie alternative, come il panpsichismo, che suggeriscono che la coscienza potrebbe essere una proprietà fondamentale dell’universo, presente in tutti i sistemi fisici, anche quelli apparentemente “inanimati”.

Il ruolo della fisica quantistica: speculazioni non supportate dalla scienza

Un argomento che ha sollevato numerose discussioni, spesso considerate pseudoscientifiche, è il presunto legame tra fisica quantistica e coscienza. Alcuni teorici, tra cui il fisico Roger Penrose e il neurobiologo Stuart Hameroff, hanno avanzato l’ipotesi che i processi quantistici nel cervello possano giocare un ruolo nella generazione della coscienza. La loro ipotesi speculativa, nota come Orchestrated Objective Reduction (Orch-OR), suggerisce che strutture cellulari chiamate microtubuli, presenti all’interno dei neuroni, potrebbero essere il luogo dove si svolgono questi processi quantistici e dove, in qualche modo, la coscienza emergerebbe.

Tuttavia, è fondamentale sottolineare che questa ipotesi non ha un sostegno solido nel panorama scientifico contemporaneo. Sebbene possa sembrare affascinante collegare l’enigmatico mondo della meccanica quantistica con il mistero della coscienza, l’ipotesi Orch-OR non è basata su prove empiriche concrete, e molti scienziati la considerano parte della pseudoscienza. Le affermazioni secondo cui i microtubuli potrebbero essere responsabili della coscienza attraverso processi quantistici non sono mai state dimostrate con dati sperimentali validi, né esistono meccanismi chiaramente definiti che leghino le leggi della fisica quantistica con il funzionamento della mente umana.

Le neuroscienze, basate su decenni di ricerca sperimentale, ci mostrano che i processi cognitivi e la coscienza sono legati principalmente all’attività elettrica e chimica del cervello, non a fenomeni quantistici. Il cervello opera su scale temporali e spaziali che sono molto lontane da quelle su cui si manifestano gli effetti quantistici. Gli effetti della fisica quantistica, come la sovrapposizione e l’entanglement, avvengono su scale subatomiche, mentre le dinamiche neuronali coinvolgono sistemi molto più grandi, dove predominano le leggi della fisica classica.

Anche la base teorica della Orch-OR è stata ampiamente criticata. Molti scienziati sostengono che i microtubuli, pur essendo strutture importanti per la funzione cellulare, non hanno le proprietà necessarie per sostenere processi quantistici coerenti su una scala temporale sufficiente a influenzare la coscienza. Le temperature e i livelli di rumore del cervello umano sarebbero troppo alti per permettere che si mantengano tali stati quantistici, che sono estremamente fragili e richiedono condizioni di isolamento quasi assoluto, come quelle che si ottengono nei laboratori specializzati.

Questa mancanza di supporto sperimentale ha portato molti neuroscienziati e fisici a considerare l’ipotesi Orch-OR come una speculazione non scientifica. Anche se può essere intrigante associare la coscienza ai fenomeni quantistici, le attuali conoscenze non forniscono prove sufficienti a favore di tale connessione.

In conclusione, il presunto ruolo della fisica quantistica nella coscienza, come proposto dalla teoria Orch-OR, appartiene più al regno della pseudoscienza che a quello della scienza rigorosa. Sebbene la coscienza rimanga un campo di studio affascinante e pieno di misteri, le spiegazioni che implicano la fisica quantistica non hanno ancora dimostrato di avere una base empirica affidabile e sono, pertanto, considerate speculative e prive di fondamento da gran parte della comunità scientifica. Il progresso nella comprensione della coscienza è probabilmente destinato a derivare da ricerche più approfondite nelle neuroscienze tradizionali, piuttosto che da teorie quantistiche non dimostrate.

Una Frontiera Aperta

La coscienza e il pensiero rimangono tra le ultime grandi frontiere della scienza. Nonostante i progressi significativi in neuroscienze, fisica e psicologia, molte domande fondamentali restano senza risposta. Cos’è davvero la coscienza? Come nasce dal cervello? E il pensiero, come viene generato e organizzato a livello neurale?

Il futuro della ricerca su questi temi potrebbe portare a scoperte rivoluzionarie, sia per quanto riguarda la nostra comprensione della mente umana, sia per l’impatto che queste scoperte potrebbero avere su tecnologie come l’intelligenza artificiale e le interfacce cervello-computer. Quello che è certo è che la coscienza e il pensiero continueranno a suscitare curiosità e dibattiti, non solo tra scienziati, ma anche tra filosofi, artisti e tutti coloro che cercano di comprendere la natura più profonda dell’esperienza umana.