Economia

Dazi: davvero un successo o un boomerang per gli americani?

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Finalmente Trump ha detto la verità sui dazi: “Nel breve periodo gli americani soffriranno”. Ma di quanto? “Solo un pochino”, ha aggiunto. Nonostante questa concessione, il Presidente continua a definire le tariffe un successo. Successo per chi, però?

La Casa Bianca, tramite la portavoce Karoline Leavitt, ha spiegato che i dazi servono a bloccare il flusso illegale di Fentanyl da Messico, Canada e Cina. Come? Impostando tariffe del 25% sui prodotti canadesi e messicani e del 10% su quelli cinesi. A prima vista, sembra una logica un po’ contorta: cosa c’entrano le merci importate con la droga? Eppure, è questo il messaggio che verrà ripetuto più volte.

Nel breve termine, Trump non sbaglia: i dazi colpiscono le tasche dei consumatori americani. Gli oggetti di uso quotidiano – dagli smartphone cinesi alle auto messicane – costeranno di più. Un iPhone, per esempio, potrebbe passare da 1.000 a 1.200 dollari, e una famiglia media pagherebbe almeno 800 dollari in più all’anno per beni importati. Ma cosa succede nel medio termine?

Ci sono due scenari principali:

  1. Nessuna reazione dei Paesi colpiti.
    Se Cina, Messico e altri Paesi accettano passivamente i dazi, i loro prodotti arrivano in America a un prezzo più alto. In questo caso, la domanda potrebbe calare leggermente, ma se i beni sono indispensabili (pensiamo a farmaci o componenti elettronici), gli americani continueranno a comprarli. Questo farebbe aumentare l’inflazione, costringendo la Federal Reserve ad alzare i tassi di interesse. Il risultato? Un dollaro più forte, che renderebbe più convenienti i prodotti importati. A quel punto, il “successo” dei dazi si sgonfierebbe come un palloncino bucato.
  2. Reazione con controdazi.
    E se i Paesi colpiti decidessero di rispondere? Immaginiamo che l’Europa imponga tariffe sui prodotti americani, come il vino californiano o le motociclette Harley-Davidson. Gli esportatori USA vedrebbero crollare le vendite, mentre i cittadini americani pagherebbero di più sia per le importazioni sia per le merci locali. E non finisce qui: la politica fiscale espansiva promessa da Trump – meno tasse e più spesa pubblica – amplificherebbe l’inflazione, rendendo tutto ancora più caro.

Il risultato finale di questa combinazione esplosiva sarebbe un mix devastante: prezzi più alti, esportazioni ridotte e una contrazione del potere d’acquisto per milioni di americani, soprattutto quelli con redditi più bassi.

Eppure, molti elettori hanno votato per Trump convinti che i dazi avrebbero tutelato il lavoro americano. Ma proteggere i produttori locali a scapito dei consumatori è davvero una strategia vincente? A conti fatti, le tariffe rischiano di essere un boomerang: più che un successo, un problema confezionato per chi ha creduto in una promessa che non regge di fronte ai numeri e alle dinamiche del mercato globale.

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