Il 10 febbraio, l’Italia osserva il Giorno del Ricordo, una commemorazione ufficiale istituita per non dimenticare i tragici eventi delle foibe e l’esodo delle popolazioni giuliane e dalmate. La legge del 30 marzo 2004, n. 92, ha introdotto questa giornata con lo scopo di mantenere viva la memoria delle sofferenze subite dagli italiani e da tutte le vittime delle foibe, nonché degli esodi forzati degli abitanti di Istria, Fiume e Dalmazia nel periodo postbellico, e di riflettere sulla complessa questione dei confini orientali dell’Italia.
La sorte di molti condannati fu quella di essere gettati nelle foibe o nelle cave di bauxite, talvolta ancora vivi. Le stime più credibili indicano che, nel 1943, le vittime nella Venezia Giulia furono tra le 600 e le 700.
“Dopo la fine della guerra – scrive lo storico Gianni Oliva – tra il maggio e il giugno 1945, migliaia di italiani della Venezia Giulia, dell’Istria e della Dalmazia vengono uccisi dall’esercito jugoslavo del maresciallo Tito, molti di loro sono gettati nelle “foibe”, che si trasformano in grandi fosse comuni, molti altri deportati nei campi della Slovenia e della Croazia, dove muoiono di stenti e di malattie. Le stragi si inquadrano in una strategia politica mirata a colpire tutti coloro che si oppongono all’annessione delle terre contese alla nuova Jugoslavia: cadono collaborazionisti e militi della repubblica di Salò, ma anche membri dei comitati di liberazione nazionale, partigiani combattenti, comunisti contrari alle cessioni territoriali e cittadini comuni”.
Alcuni di questi assassinii sono rimasti impressi nella memoria collettiva a causa della loro brutalità. Tra le vittime più note si ricordano Norma Cossetto, a cui è stata attribuita la medaglia d’oro al valor civile, don Angelo Tarticchio e le tre sorelle Radecchi, uccise nella Foiba di Terli.
Aspetti controversi della Resistenza
Durante il periodo del dopoguerra, numerosi procedimenti legali relativi a massacri effettuati dai nazifascisti furono trascurati, culminando in tre distinte amnistie. La prima, nota come “amnistia Togliatti“, fu promulgata il 22 giugno 1946; la seconda fu ratificata il 18 settembre 1953 dal governo di Pella, che emanò un decreto di indulto e amnistia per crimini politici commessi fino al 18 giugno 1948; e la terza fu stabilita il 4 giugno 1966.
I motivi dietro la mancata prosecuzione di questi processi erano molteplici. A partire dal 1952, la Germania Ovest divenne alleata dell’Italia all’interno della NATO, rendendo politicamente inopportuno enfatizzare fatti che coinvolgevano cittadini tedeschi. Inoltre, vi era il timore che avviare un processo richiedendo l’estradizione di criminali di guerra tedeschi potesse costringere l’Italia a estradare o giudicare internamente coloro che erano stati responsabili di crimini di guerra durante il fascismo e la Repubblica Sociale Italiana, molti dei quali avevano trovato posto nell’esercito o nelle amministrazioni pubbliche dopo la guerra. Negli anni ’60, 695 dossier sulle stragi nazifasciste furono temporaneamente archiviati, bloccando i procedimenti e assicurando l’impunità agli autori ancora in vita. Solo nel 1994, durante le indagini su Erich Priebke per la strage delle Fosse Ardeatine, fu scoperta l’esistenza di questi dossier, soprannominati “Armadio della Vergogna”, e alcuni procedimenti furono riaperti. Nonostante ciò, la maggior parte delle indagini non sfociò in processi giudiziari, poiché molti dei soggetti coinvolti non erano più perseguibili, essendo deceduti o per la prescrizione dei reati attribuitigli.
Il giorno del ricordo
Il Giorno del ricordo è una solennità civile nazionale italiana, celebrata il 10 febbraio di ogni anno, che ricorda i massacri delle foibe e l’esodo giuliano dalmata. Istituita con la legge 30 marzo 2004 n. 92, vuole “conservare e rinnovare la memoria – recita il testo legislativo – della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe, dell’esodo dalle loro terre degli istriani, fiumani e dalmati nel secondo dopoguerra e della più complessa vicenda del confine orientale”.
Un intellettuale antifascista di Grado, Biagio Marin, rappresentante del Partito liberale nel Cln, affermò quanto segue sul comportamento dei partigiani:
«I fascisti più noti non vennero molestati e se arrestati furono rilasciati mentre invece tutti i possibili poli di aggregazione antifascista ma di sentimenti italiani o autonomisti (come a Fiume) furono decapitati in modo così rapido e capillare da escludere ogni possibile casualità».
Il professor Elio Apih, nella sua opera Trieste. La storia politica e sociale, riporta un brano proveniente dal documento FO 371/48953, r. 1085. Si tratta di un documento ufficiale inglese, che fu raccolto dal Servizio Segreto inglese nell’immediato dopoguerra e poi trasmesso al Ministero degli Esteri:
«È stato stabilito, al di là ogni dubbio, che durante l’occupazione jugoslava di Trieste e del territorio, molte migliaia di persone sono state gettate nelle foibe locali. A Trieste tutti i membri della Questura, della Pubblica Sicurezza, della Guardia di Finanza, dei Carabinieri, della Guardia Civica e combattenti patrioti del CLN che sono stati presi dagli jugoslavi, sono stati arrestati e gettati nelle foibe».
Sarebbe superfluo ricordare lo sterminio dei partigiani della brigata Osoppo, cattolici, azionisti e monarchici, avvenuto a Porzus nel Friuli già nel febbraio del 1945 per mano di partigiani comunisti.
I titini s’accanirono con maggior determinazione contro gli antifascisti italiani, piuttosto che contro noti esponenti fascisti, poiché gli jugoslavi intendevano spacciare l’idea del carattere fascista di tutti gli italiani, per precise finalità politiche legate alle conferenze di pace: gli antifascisti italiani della Venezia Giulia, Fiume, Dalmazia andavano quindi fisicamente distrutti. [cit]
Per approfondire
Attenzione ai falsi storici
Purtroppo le tesi distorte e propagandistiche che proprio il giorno del ricordo vengono adottate non fanno onore a gruppi che dovrebbe difendere la verità.
In particolare viene spesso citato da questi gruppo un certo collettivo del nord ovest d’Italia che fa capo a un gruppo di scrittori che nascondendosi sotto l’anonimato del nome di un matematico del ‘900 (Bourbaki) in realtà fa parte di uno dei tanti gruppi di estrema sinistra che utilizzano la Giornata del Ricordo manipolando la storia e usandola come propaganda, e che abbiamo dovuto bloccare sui social anni fa. Sono autori e simpatizzanti ideologicamente contro tutti coloro, profughi Istriani e Dalmati, cittadini comuni, ma anche professori universitari e storici (che per loro sono falsi storici), voci di wikipedia ecc che non coincidono con le loro opinioni. Nascono nel 2012 dopo una discussione su Giap, il blog di Wu Ming. Si definiscono e incensano come “ricercatori” ma vivono sempre sotto anonimato e non rifiutando ogni confronto civile.
Per approfondire: qui riproporremo le tesi discutibili di alcuni dei presunti “storici” citati dal gruppo “Nicoletta Bourbaki”:
PER APPROFONDIRE
- Enciclopedia delle donne: Norma Cossetto – Santa Domenica di Visinada 1920 – Antignana 1943
- Tajani: «Foibe e conseguente esodo giuliano-dalmata furono atti di pulizia etnica»
- Giornata del ricordo: cosa sono le foibe. Tutti gli errori del nostro passato
- Inaugurata a Bussoleno la panchina dedicata a Norma Cossetto e al giorno del ricordo
- Rossi: «Il Partito Comunista sosteneva linee strategiche antitetiche agli interessi nazionali»