10 febbraio, giorno del ricordo: comprendere un capitolo nascosto della storia italiana.
La storia d’Italia è ricca di eventi complessi e, talvolta, dolorosi. Tra questi, uno dei capitoli più drammatici ma meno conosciuti riguarda il fenomeno delle foibe e l’esodo giuliano-dalmata, eventi che si sono verificati durante e dopo la Seconda guerra mondiale nelle terre di confine tra Italia e l’attuale Croazia e Slovenia. Per capirlo, è importante raccontare la vicenda in modo chiaro e trasparente, spiegando perché ancora oggi se ne parla poco e chi potrebbe avere interesse a tenere nascosto questo dramma.
Cosa sono le Foibe?
Le foibe sono cavità naturali, tipiche del territorio carsico, profonde anche decine di metri. Durante e dopo la guerra, molte di queste furono usate come fosse comuni per gettare i corpi di italiani (e non solo) che vennero uccisi dalle milizie jugoslave di Tito, spesso con accuse di collaborazionismo o per il solo fatto di essere italiani. Questo fenomeno ebbe luogo principalmente tra il 1943 e il 1945 e si inserisce in un contesto di violenze legate all’occupazione italiana in Jugoslavia e alla successiva vendetta jugoslava nei territori italiani.
L’esodo giuliano-dalmata
Oltre alle foibe, un altro dramma di quel periodo è l’esodo di circa 300.000 italiani residenti in Istria, Dalmazia e Fiume, costretti ad abbandonare le loro case e le loro terre in seguito all’annessione di questi territori alla Jugoslavia. Le persecuzioni etniche, i massacri e le pressioni del regime di Tito resero impossibile la convivenza per moltissimi italiani, che trovarono rifugio in altre regioni d’Italia o all’estero. Gli esuli affrontarono spesso condizioni difficili, tra cui la discriminazione e la marginalizzazione, persino nella loro stessa patria.
Perché se ne parla poco?
Per molti anni, il dramma delle foibe e degli esuli è rimasto ai margini della memoria collettiva italiana. Questo silenzio è stato il risultato di diversi fattori. In primo luogo, il contesto geopolitico del dopoguerra ha avuto un ruolo importante: con l’Italia sconfitta e la necessità di mantenere buoni rapporti con la Jugoslavia di Tito durante la Guerra Fredda, si evitava di affrontare apertamente questi episodi per non compromettere le relazioni diplomatiche.
Inoltre, alcune correnti politiche italiane hanno avuto interesse a minimizzare o a tacere su questo capitolo storico. Ad esempio, alcune frange della sinistra estremista, per via della vicinanza ideologica con il comunismo jugoslavo, hanno spesso preferito non approfondire le responsabilità del regime di Tito, relegando il dramma delle foibe a una “questione di destra” o, peggio, a una narrazione di propaganda.
Questo atteggiamento ha portato a una vera e propria rimozione del tema dalla didattica scolastica e dal dibattito pubblico per decenni. Solo a partire dagli anni 2000, grazie all’istituzione del Giorno del Ricordo (celebrato il 10 febbraio), si è iniziato a dare maggiore visibilità a questi eventi, rendendoli parte integrante della memoria nazionale.
Chi aveva interesse a tenere nascosto il dramma?
Tra coloro che hanno avuto interesse a mantenere il silenzio sul dramma delle foibe e degli esuli ci sono state, come accennato, alcune frange della sinistra estrema italiana. Questi gruppi, in parte per l’ammirazione verso il modello comunista jugoslavo e in parte per ragioni ideologiche, hanno spesso sminuito o negato il fenomeno, etichettandolo come una strumentalizzazione politica della destra. Questa narrativa ha contribuito a creare un clima di omertà attorno al tema, impedendo per lungo tempo una discussione serena e obiettiva.
Ma il silenzio non è stato solo politico. Anche molte istituzioni, preoccupate di riaprire ferite dolorose in un paese già segnato dalla guerra e dalla divisione politica, hanno evitato di affrontare l’argomento. Questo ha lasciato un vuoto nella memoria collettiva che solo di recente si sta cercando di colmare.
Perché è importante parlarne oggi?
Raccontare il dramma delle foibe e dell’esodo giuliano-dalmata non è solo un atto di giustizia nei confronti delle vittime e dei loro discendenti, ma anche un’opportunità per comprendere meglio le complessità della nostra storia. Solo affrontando questi episodi con onestà possiamo costruire una memoria condivisa che ci aiuti a superare le divisioni ideologiche del passato.
Parlarne oggi è fondamentale anche per contrastare le manipolazioni e le strumentalizzazioni politiche di entrambi gli schieramenti. Da un lato, è importante evitare che il dramma delle foibe venga usato per alimentare sentimenti di odio o di revanscismo. Dall’altro, è necessario contrastare chi ancora oggi cerca di minimizzare o negare questi eventi per ragioni ideologiche.
Come raccontarlo ai ragazzi?
Spiegare le foibe ai ragazzi richiede sensibilità e chiarezza. Bisogna partire dai fatti storici, evitando di polarizzare il racconto in base alle ideologie. Si può, ad esempio, raccontare la vita quotidiana nelle terre di confine prima e durante la guerra, spiegando come le tensioni etniche e politiche abbiano contribuito a creare un clima di odio e violenza.
È importante sottolineare che non esistono “vittime di serie A” o “di serie B”: ogni vita umana è preziosa, e ogni tragedia merita rispetto e memoria. Raccontare le storie personali degli esuli o delle vittime delle foibe è un modo efficace per far comprendere ai giovani l’impatto umano di questi eventi.
Infine, si può spiegare che studiare la storia, anche nei suoi capitoli più difficili, è un modo per imparare dagli errori del passato e costruire un futuro migliore, basato sul dialogo e sulla comprensione reciproca.
MATERIALE DIDATTICO PER I DOCENTI DELLE SCUOLE PRIMARIE
Linee Guida per la didattica della Frontiera Adriatica [PDF]
Si tratta delle Linee Guida per la didattica della Frontiera Adriatica: laboratorio di contemporaneità per affrontare le complesse vicende del Confine Orientale
Ref: https://www.mim.gov.it/-/linee-guida-per-la-didattica-della-frontiera-adriatica