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Iginio Massari e le Chiacchiere a 100 euro al chilo

Il recente caso delle chiacchiere di Carnevale vendute a 100 euro al chilo dal celebre pasticcere Iginio Massari ha scatenato un acceso dibattito in Italia, dividendo opinioni tra chi considera il prezzo un riflesso della qualità e della maestria artigianale e chi lo vede come una pura strategia di marketing. Le chiacchiere, dolce tipico del Carnevale noto anche come frappe, lattughe o cenci a seconda delle regioni, sono tradizionalmente un prodotto semplice e popolare, realizzato con ingredienti base come farina, burro, uova e zucchero. Questo contrasto tra la natura umile del dolce e il costo elevato proposto da Massari ha alimentato polemiche, spingendo a interrogarsi: è un prezzo ragionevole o si tratta solo di un’operazione di branding? Per rispondere, analizzeremo il contesto, le argomentazioni del pasticcere, le opinioni critiche e i dati di mercato, citando fonti autorevoli e pareri contrastanti.

Il contesto: un dolce tradizionale a un prezzo da lusso

Le chiacchiere di Massari sono entrate sotto i riflettori a febbraio 2025, in prossimità del Carnevale, quando il maestro pasticcere le ha messe in vendita nei suoi negozi a 100 euro al chilo, un aumento del 25% rispetto agli 80 euro dell’anno precedente. Secondo un’indagine di Altroconsumo riportata da Repubblica (26 febbraio 2025), il prezzo medio delle chiacchiere in Italia varia drasticamente: nei supermercati si parte da 6,36 euro al chilo, nelle panetterie oscilla tra 13 e 55 euro, mentre nelle pasticcerie artigianali può raggiungere i 60 euro. Il dato evidenzia come il costo di Massari sia un outlier, ben lontano dalla media nazionale di 16-20 euro al chilo stimata dall’indagine. Questo divario ha subito acceso il dibattito: cosa giustifica una cifra così alta per un prodotto apparentemente semplice?

La difesa di Massari: qualità, artigianalità e “costo vs caro”

Iginio Massari, soprannominato il “Maestro dei Maestri Pasticceri”, ha risposto alle critiche in un’intervista a Cook del Corriere della Sera (28 febbraio 2025), sostenendo che il prezzo riflette l’eccellenza del prodotto. «Sa qual è la differenza tra caro e costoso? Caro si dice di un prodotto che non vale il prezzo che ha. Costoso si riferisce a qualcosa di eccellente che non tutti si possono permettere», ha dichiarato con la sua tipica ironia. Massari sottolinea che le sue chiacchiere non sono “care”, ma “costose”, un termine che associa alla perfezione del processo produttivo. Descrive una lavorazione meticolosa: la pasta viene stesa a macchina fino a 2 millimetri, poi tirata a mano fino a diventare trasparente, fritta in olio di alta qualità cambiato ogni due ore (100 litri a ciclo) e disposta in verticale per eliminare l’olio in eccesso. «Un processo certosino che richiede l’attenzione di sei persone», aggiunge, giustificando il costo con la manodopera e la qualità delle materie prime.
Massari e i suoi figli, Debora e Nicola, insistono anche sul fatto che il prezzo al chilo sia fuorviante. «Ogni chiacchiera pesa tra i 10 e i 15 grammi. Una porzione di 3 pezzi costa 4 euro, paragonabile a un cappuccino e una brioche», spiegano, suggerendo che il consumatore medio non acquista un chilo intero, ma porzioni più piccole. Secondo loro, la polemica è “sterile” e chi critica cerca visibilità sfruttando il nome Massari. Questa posizione è supportata da un articolo di Gambero Rosso (28 febbraio 2025), che evidenzia come il maestro intenda «valorizzare un alimento storico, facendolo nel miglior modo possibile», evitando banalità e scarsa qualità.

Le critiche: un’operazione di marketing e uno status symbol

Non tutti, però, condividono questa visione. Lo chef Guido Mori, in un’intervista a Repubblica (26 febbraio 2025), attacca duramente il prezzo di Massari: «Qui non stiamo più parlando di cibo, ma di cinture di Gucci». Mori sostiene che il costo si discosti troppo dal valore delle materie prime e della lavorazione, trasformando le chiacchiere in uno status symbol piuttosto che in un alimento. «Il cibo è nutrimento, tradizione e convivio, specie per una festa popolare come il Carnevale», aggiunge, criticando l’approccio elitario che snatura l’essenza del dolce. In un’altra intervista a Il Fatto Quotidiano (26 febbraio 2025), Mori rincara: «Massari ha una catena di pasticcerie semi-industrializzate. L’aumento è una manovra di marketing. Il mio consiglio è di comprare da un pasticcere locale che le fa a mano».
Anche Fanpage.it (26 febbraio 2025) concorda sul lato marketing: «Il prezzo da record non è tanto legato alla qualità dei prodotti o alla lavorazione, quanto a una questione di posizionamento di mercato». L’articolo paragona l’acquisto delle chiacchiere di Massari a quello di un accessorio griffato, dove si paga il marchio più che il valore intrinseco. Questo punto di vista è rafforzato da un’osservazione di Dissapore (27 febbraio 2025), che nota come altre pasticcerie, come Marchesi 1824 a Milano, vendano chiacchiere a 125 euro al chilo senza suscitare lo stesso clamore, forse perché meno sotto i riflettori mediatici.

Analisi economica: costi reali e percezione del valore

Per valutare se il prezzo sia ragionevole, è utile considerare il food cost. Le materie prime per le chiacchiere (farina, burro, uova, zucchero, olio) hanno subito rincari negli ultimi anni: secondo CiboToday (citato in initalia.virgilio.it, 27 febbraio 2025), il costo di burro e olio di semi è aumentato significativamente. Tuttavia, anche assumendo ingredienti di altissima qualità e un olio costoso cambiato frequentemente, il costo base per un chilo di chiacchiere artigianali difficilmente supera i 10-15 euro. La manodopera e l’energia aggiungono ulteriori spese, ma il margine di 100 euro suggerisce un ricarico elevato, tipico di prodotti di lusso.
Un confronto con il mercato aiuta a contestualizzare. Altroconsumo (Today.it, 26 febbraio 2025) riporta che il prezzo medio delle chiacchiere artigianali si aggira sui 28,8 euro al chilo, con picchi a 60 euro in pasticcerie di alto livello. Massari, dunque, si posiziona ben oltre, in una fascia che richiama il suo panettone da 120 euro o altri prodotti esclusivi. Questo suggerisce che il prezzo non sia solo una questione di costi, ma di percezione: chi compra Massari acquista un’esperienza e un nome, non solo un dolce.

Opinioni a confronto e conclusione

Il dibattito si riduce a una questione di prospettiva. Per Massari e i suoi sostenitori, 100 euro al chilo sono ragionevoli per un prodotto artigianale di eccellenza, un’interpretazione raffinata di una tradizione. Per i critici, è un’operazione di marketing che trasforma un dolce popolare in un bene di lusso, sfruttando il prestigio del brand. I dati mostrano che il costo effettivo non giustifica pienamente la cifra, ma il mercato del lusso dimostra che la willingness to pay (disponibilità a pagare) dei consumatori può superare il valore oggettivo, come accade con borse di marca o vini pregiati.

Personalmente, ritengo che il prezzo sia eccessivo se valutato solo in termini di ingredienti e lavorazione, ma ragionevole nel contesto del posizionamento di Massari come icona della pasticceria italiana. È un’operazione di marketing? Sì, in parte, ma supportata da una qualità reale che i clienti fedeli riconoscono. La vera domanda è culturale: vogliamo che le chiacchiere restino un dolce per tutti o accettiamo che diventino un simbolo di esclusività? La risposta dipende dal consumatore, come sottolinea un utente su X (@Dadaquellavera, 27 febbraio 2025): «Se nessuno le compra, Massari non le vende. Punto». Il mercato, alla fine, deciderà.

Fonti principali:
  • Repubblica, “Iginio Massari e le chiacchiere di Carnevale da 100 euro al chilo”, 26 febbraio 2025.
  • Corriere della Sera – Cook, “Iginio Massari: ‘Le chiacchiere a 100 euro? Non sono care, ma costose’”, 28 febbraio 2025.
  • Il Fatto Quotidiano, “Le chiacchiere di Iginio Massari a 100 euro al chilo? Solo una manovra di marketing”, 26 febbraio 2025.
  • Fanpage.it, “Perché le chiacchiere di Iginio Massari costano 100 euro al kg”, 26 febbraio 2025.
  • Dissapore, “Tutti contro Massari, ma c’è chi vende le chiacchiere a un prezzo più alto”, 27 febbraio 2025.

In copertina: Iginio Massari in una foto di Memegt2Opera propria, CC BY-SA 4.0, Collegamento