Ritorno in Borsa del gruppo milanese, con l’offerta che si è chiusa con il collocamento minimo della forchetta
Pirelli ritornerà a Piazza Affari il 4 ottobre, il prezzo per ogni azione è di 6,50 €. La forchetta iniziale andava da 6,3 € a 8,3 €, per poi restringersi a 6,5 € e 6,7 €. Alla fine, si è chiusa sulla parte più bassa della forchetta.
La capitalizzazione con cui la “start up con 145 anni” inizierà questa avventura è di 6,5 miliardi di euro, vale la pena ricordare che quando nel 2015 uscì dal listino la capitalizzazione era di 7,4 miliardi di euro.
Ma, ai tempi del delisting, la divisione Industrial non era ancora stata scorporata, e la produzione degli pneumatici per autocarro (che resta al 100% alla cinese ChemChina) è stata esclusa dall’IPO. L’azienda ha quindi subito delle trasformazioni: adesso è più limitata (come già detto i pneumatici per camion appartengono a una nuova società, Prometeon Tyre Group) e si concentra sulla produzione di pneumatici high value, con dei margini economici maggiori.
Le vesti di Pirelli sono diverse rispetto quelle di due anni fa, ora è una “pure consumer tyre company”, focalizzata sulla produzione di segmenti “tecnologicamente più avanzati, ad alta crescita e ad alta redditività”.
Marco Tronchetti Provera, amministratore delegato, in un’intervista ha spiegato “La Pirelli che torna sul mercato è una Pirelli diversa da quella che aveva fatto il delisting. Negli ultimi due anni siamo cresciuti oltre ogni aspettativa nel settore “high value”, portandoci ad una forte crescita di redditività nonostante la crisi dell’America Latina e della Russia”.
L’Ad continua informandoci che “Siamo cresciuti per quanto riguarda la capacità produttiva, siamo diminuiti nella gamma bassa. Un mix che migliora, maggiore redditività e un portafoglio di omologazione nelle auto di alto livello che è da leader sul mercato, questi sono gli elementi della Pirelli di oggi. Una società che ha i conti a posto, che ha ridotto il debito e è potuta andare in borsa rapidamente”.
Il ritorno di Pirelli in Piazza Affari era atteso per il 2018, e questa è stata la più grandi IPO europea del 2017. Il prezzo delle azioni, ovvero 6,50 € per quota, consentono un buon guadagno, che può arrivare fino al 50% per chi, nel 2015, decise credere nell’Offerta Pubblica d’acquisto da 7,1 miliardi, sostenuta da Marco Polo. Sul mercato ci sarà il 40% di Pirelli, gli introiti della vendita dei titoli porteranno a Provera e i suoi soci 2,6 miliardi, pur mantenendo il controllo del 60% del gruppo, diviso in questo modo: ChemChina avrà tra il 45 e il 49%, Camfin avrà tra il 10 e il 12%, mentre ai russi di Lti spetterà una quota tra il 5 e il 6%.
Con questa divisione i soci, che tra OPA e aumento di capitale per il ritorno a Piazza Affari avevano speso 3,2 miliardi, riusciranno a recuperare oltre quattro quinti della spesa iniziale.
Inoltre, c’è da sottolineare che i membri sono vincolati a non cedere altre quote per i prossimi 6-12 mesi, a partire dal primo giorno di ritorno in Borsa. L’AD, nel giorno della presentazione dell’IPO, aveva già rassicurato che “Nessuno ha manifestato voglia di vendere né i russi né Camfin”.
Nello stesso giorno, Marco Tronchetti Provera ha annunciato che nel 2020 lascerà Pirelli.
Ma quali sono gli effetti dell’IPO sul resto dei soci?
ChemChina è il primo azionista del gruppo. Il suo 65% scenderà a 45%, per via dell’IPO, ma in termini di guadagno è stata una scelta astuta quella di rimanere accanto al CEO di Pirelli. Questo effetto si può spiegare perché con la vendita del 20%, durante l’IPO, riuscirà a riprendere due terzi dell’investimento sul gruppo milanese e manterrà la posizione di socio di maggioranza.
Acquistando le quote Pirelli nel 2015, quindi a costi ancora più bassi, anche gli altri soci sono riusciti ad avere un buon profitto: LTI, nel 2013, aveva investito 500 milioni di euro che, al momento, sono diventati circa 900 milioni; oltre al fatto che, intanto, hanno già incassato i dividendi della valorizzazione dell’investimento. Marco Tronchetti Provera, con altri 25 manager, dovrebbe ricevere un bonus pari al 2%.
Secondo il CEO di Pirelli adesso la struttura finanziaria è più solida e ha spiegato “Abbiamo ridotto il debito a un livello per cui la società è finanziata a livello investment grade: abbiamo ridotto il debito grazie a 600 milioni dalla separazione delle attività autocarro, 1,2 miliardi di aumento di capitale, e 500 milioni di cash flow nell’ultimo biennio: questo ha prodotto una velocissima riduzione del debito che ci ha permesso di andare in Borsa prima del previsto. A fine anno avremo un rapporto debito netto/ebitda inferiore alle 3 volte e scenderà sotto le 2 volte al 2020”.