Il paese sta investendo nell’intelligenza artificiale per creare strumenti aziendali pratici ed economici destinati ai mercati globali, con un’attenzione particolare alle nazioni a basso reddito.
Quando nel 2015 il libro Da Zero a Uno di Peter Thiel è stato tradotto e pubblicato in cinese, ha suscitato un forte interesse in Cina. Thiel sosteneva che, pur eccellendo nell’espansione e nella commercializzazione delle nuove tecnologie, il paese fosse ancora indietro rispetto agli Stati Uniti nell’ambito dell’innovazione autentica, ovvero nella creazione di qualcosa di totalmente inedito. Un esempio emblematico è l’iPhone: ideato dagli ingegneri di Cupertino, in California, ma assemblato dai lavoratori di Shenzhen, in Cina.
Da oltre dieci anni, i decisori politici cinesi si impegnano a modificare questa percezione, facendo dell’innovazione una priorità nelle strategie industriali nazionali, come dimostra il piano Made in China 2025. I primi risultati di questo impegno iniziano a emergere: nel 2023, la società tecnologica Huawei, con sede a Shenzhen, ha presentato lo smartphone Mate 60, caratterizzato da un chip prodotto interamente in Cina. Questo traguardo è stato considerato un momento simbolico, poiché dimostra la capacità del paese di sviluppare semiconduttori avanzati nonostante le rigide sanzioni imposte dagli Stati Uniti su strumenti essenziali e software di progettazione di alto livello. Inoltre, il recente lancio di Deepseek-R1, un modello linguistico sviluppato con costi significativamente inferiori rispetto ai concorrenti occidentali, ha avuto un impatto notevole sul settore tecnologico statunitense.
Il noto venture capitalist Marc Andreessen ha definito questo evento il “momento Sputnik dell’IA”, facendo riferimento alla corsa allo spazio tra Stati Uniti e Unione Sovietica negli anni ’50, avviata dal lancio del satellite Sputnik. L’accesso a Deepseek tramite API è circa 13 volte più economico rispetto ai modelli simili sviluppati da OpenAI, con sede a San Francisco.
L’improvvisa ascesa di Deepseek ha attirato l’attenzione sull’ecosistema dell’IA cinese, che opera in modo diverso rispetto alla Silicon Valley. Mentre le applicazioni destinate ai consumatori ottengono grande visibilità, le aziende cinesi di intelligenza artificiale si concentrano maggiormente sulla risoluzione di problemi industriali e produttivi su larga scala. Questa differenza di approccio riflette le diverse forze trainanti dell’innovazione in ciascun paese: negli Stati Uniti prevalgono i finanziamenti del venture capital, mentre in Cina il motore principale sono le grandi imprese manifatturiere e lo Stato.
Divergenze tecnologiche Alla base di questa differenza c’è il vantaggio comparativo della Cina nell’economia globale: la produzione industriale. Inoltre, il governo cinese è il principale acquirente di nuove tecnologie e mira a sviluppare applicazioni di intelligenza artificiale a basso costo e facilmente scalabili per modernizzare il paese.
Ad esempio, in una conferenza stampa del settembre scorso, il portavoce del Ministero degli Esteri cinese, Lin Jian, ha ribadito che l’innovazione tecnologica è una componente essenziale dello sviluppo nazionale. Di conseguenza, i laboratori di ricerca sull’IA in Cina si concentrano su applicazioni pratiche, come il miglioramento della puntualità dei treni, il monitoraggio delle riserve ittiche e la fornitura di servizi di telemedicina automatizzata.
L’azienda di Pechino Zhipu AI ha stretto partnership con vari governi locali e imprese statali per implementare il proprio modello di automazione, in grado di gestire compiti come la compilazione di moduli e l’analisi di rapporti finanziari. Inoltre, il gigante tecnologico Alibaba ha recentemente avviato una collaborazione con la startup 01.AI per creare un laboratorio dedicato all’ottimizzazione dei processi aziendali e industriali tramite l’intelligenza artificiale.
L’IA gioca anche un ruolo fondamentale nella transizione energetica della Cina, con progetti che spaziano dalle case intelligenti integrate ai massicci investimenti in una rete elettrica nazionale intelligente, con un budget stimato di 800 miliardi di dollari.
L’obiettivo di Pechino non è necessariamente primeggiare nello sviluppo di chatbot di ultima generazione, bensì utilizzare la tecnologia di base per creare soluzioni aziendali accessibili e commercialmente valide. Queste applicazioni possono poi essere esportate, soprattutto nei paesi a basso reddito. In altre parole, la Cina punta non tanto sull’IA d’avanguardia, quanto sull’IA di massa, un approccio simile a quello adottato per altre tecnologie, come i veicoli elettrici e l’energia pulita: non essere la prima a innovare, ma la prima a rendere le innovazioni accessibili su larga scala.
Una necessità strategica Lo sviluppo dell’IA richiede una catena tecnologica complessa, che include hardware come semiconduttori, algoritmi di apprendimento avanzati ottimizzati per quell’hardware e un’infrastruttura backend composta da centri dati ad alta intensità energetica e capitali prevedibili.
Per mantenere il proprio primato tecnologico nell’IA, gli Stati Uniti hanno periodicamente imposto sanzioni all’esportazione di componenti chiave. Il 7 ottobre 2022, l’amministrazione dell’ex presidente Joe Biden ha introdotto restrizioni all’esportazione di semiconduttori avanzati e strumenti per la produzione di chip, impedendo alla Cina di acquistare microprocessori ad alte prestazioni da aziende come Nvidia. Jake Sullivan, allora consigliere per la sicurezza nazionale, ha definito questa strategia “small yard, high fence”: una “recinzione” attorno alle tecnologie cruciali dell’IA per limitarne l’accesso alla Cina.
Nel frattempo, il Partito Comunista Cinese considera l’avanzamento nella produzione di semiconduttori e aerei una necessità per la crescita economica sostenibile. La competizione con gli Stati Uniti rende ancora più urgente lo sviluppo di un’industria tecnologica indipendente. Se gli Stati Uniti controllano le tecnologie del futuro e usano le sanzioni per limitarne l’accesso, la Cina rischia la stagnazione economica e le possibili conseguenze politiche.
La Cina si prepara a questa eventualità da tempo. Dopo che Huawei è stata inserita nella lista nera commerciale statunitense nel 2019, il governo cinese ha rafforzato la propria capacità tecnologica per ridurre la dipendenza dall’estero. Il Ministero dell’Istruzione ha avviato una serie di piattaforme di ricerca integrate (IRP) per colmare le lacune in settori critici come la robotica, le auto a guida autonoma e l’IA. Oggi ci sono 30 IRP attive.
Un esempio è la piattaforma IRP per i circuiti integrati di nuova generazione presso l’Università Fudan di Shanghai. Le restrizioni statunitensi del 2022 hanno preso di mira i chip con “nodi” di 14 nanometri o inferiori, che determinano la densità dei transistor su un semiconduttore. Nel 2021, l’IRP di Fudan era già all’avanguardia, reclutando esperti per sviluppare chip con nodi da 3-4 nanometri. Questo dimostra l’impegno della Cina nell’indigenizzazione delle tecnologie avanzate.
Limitare l’accesso ai chip ha spinto la Cina a esplorare soluzioni alternative. Molti tentativi potrebbero fallire, ma bastano pochi successi per avere un impatto globale. Il caso di Deepseek riflette gli investimenti pluriennali in formazione e ricerca tecnologica.
Fonte: https://www.nature.com/articles/d41586-025-00460-1
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