Confutare il populismo distopico economico: Ayn Rand e la complessità delle dinamiche economiche moderne
LA PREDIZIONE PIÙ AGGHIACCIANTE DI TUTTE
Il 2 febbraio 1905 nasceva a San Pietroburgo una donna destinata a scuotere le coscienze: Alissa Zinovievna, meglio conosciuta come Ayn Rand, filosofa e scrittrice di origine russa, che avrebbe lasciato un segno indelebile nel mondo della letteratura e del pensiero.La sua opera più conosciuta, “La Rivolta di Atlante”, non è solo un romanzo, ma un manifesto filosofico. In una delle sue riflessioni più celebri, Ayn Rand delineò un quadro inquietante di una società in declino, un monito che sembra risuonare ancora oggi:
“Quando ti renderai conto che, per produrre, devi ottenere l’autorizzazione da coloro che non producono nulla; quando vedrai che il denaro scorre verso chi non commercia beni, ma favori; quando ti accorgerai che molti si arricchiscono tramite la corruzione e le influenze, piuttosto che con il proprio lavoro, e che le leggi non ti proteggono da loro, ma anzi, sono loro ad essere protetti contro di te; quando scoprirai che la corruzione è premiata e l’onestà diventa un sacrificio personale, allora potrai affermare, senza timore di sbagliarti, che la tua società è condannata.”
Questa profezia è un riflesso potente del mondo che viviamo, un invito a guardare con occhi aperti le dinamiche che ci circondano.
Ayn Rand, scomparsa nel marzo del 1982, ci ha lasciato un’eredità intellettuale inestimabile, una sfida a non accettare passivamente il degrado morale e politico, ma a combattere per i nostri valori.
Cosa non torna nelle frasi di Rand?
Il discorso populista che circola sui social media, fondato su una citazione attribuita ad Ayn Rand, propone una visione apocalittica e semplicistica della società moderna. Questo tipo di narrativa, benché suggestivo, si basa su una lettura parziale della realtà economica e sociale, ignorando la complessità dei sistemi contemporanei e l’evidenza empirica.
La citazione e il contesto ideologico di Ayn Rand
Ayn Rand, nota filosofa e scrittrice russa naturalizzata statunitense, è conosciuta soprattutto per il suo romanzo La Rivolta di Atlante (1957), un’opera che promuove l’ideologia dell’oggettivismo. Rand esalta il libero mercato come unica via per la prosperità umana, rifiutando ogni forma di intervento statale nell’economia. La citazione diffusa sui social esprime una sfiducia radicale verso le istituzioni pubbliche e una denuncia della corruzione percepita come sistemica. Sebbene questo messaggio possa sembrare rilevante, la sua applicazione ai contesti economici moderni richiede un’analisi più sfumata.
Corruzione e concentrazione della ricchezza: cosa dicono i dati?
Uno dei punti centrali della citazione è l’accusa che “chi non produce nulla” beneficia del sistema a scapito di chi lavora onestamente. Tuttavia, l’evidenza empirica dipinge un quadro diverso. Studi della Banca Mondiale e del Fondo Monetario Internazionale (FMI) dimostrano che i sistemi economici con un equilibrio tra mercato e regolamentazione statale tendono a promuovere una maggiore crescita e riduzione delle disuguaglianze.
Ad esempio, il rapporto della Banca Mondiale del 2020 intitolato Doing Business evidenzia come regolamentazioni efficienti, sebbene non perfette, siano essenziali per favorire la competitività e la trasparenza dei mercati. Inoltre, l’Indice di Percezione della Corruzione (Transparency International, 2023) mostra che i paesi con istituzioni robuste, come i paesi scandinavi, tendono a registrare livelli molto bassi di corruzione e alti standard di benessere sociale.
La narrativa randiana ignora anche la crescente importanza delle istituzioni multilaterali e delle norme globali per combattere fenomeni quali l’evasione fiscale e il riciclaggio di denaro. La cooperazione internazionale, tramite organizzazioni come l’OCSE, ha permesso di introdurre strumenti come il BEPS (Base Erosion and Profit Shifting), progettati per prevenire la concentrazione indebita della ricchezza da parte delle multinazionali.
L’intervento statale e la resilienza economica
Contrariamente all’idea che l’intervento statale rappresenti un freno alla produttività, numerosi studi dimostrano che politiche pubbliche ben progettate possono stimolare la crescita economica. Un esempio emblematico è il piano di ripresa economica adottato dall’Unione Europea dopo la pandemia di COVID-19, noto come Next Generation EU, che ha mobilitato risorse senza precedenti per promuovere la transizione verde e digitale.
L’argomentazione secondo cui la corruzione sistemica premia l’“honestà sacrificata”, sebbene valida in contesti specifici, non tiene conto dei progressi fatti in molti paesi attraverso strumenti di trasparenza come i portali per gli appalti pubblici e l’uso della blockchain nella gestione dei contratti pubblici. Secondo un report della McKinsey, l’adozione di tecnologie digitali nei processi amministrativi ha ridotto significativamente le opportunità di corruzione in molti settori.
Il mito del declino economico
La retorica del declino – “la società è condannata” – è un tema ricorrente nel pensiero populista e distopico, ma è smentita da dati macroeconomici globali. Negli ultimi decenni, la povertà estrema a livello mondiale è diminuita significativamente: secondo i dati della Banca Mondiale, la percentuale di persone che vivevano con meno di 1,90 dollari al giorno è passata dal 36% del 1990 al 9,2% del 2017.
Anche la narrativa sul declino delle opportunità economiche è in contrasto con le recenti tendenze. Il Global Competitiveness Report del World Economic Forum (2023) evidenzia che l’innovazione tecnologica, supportata da investimenti pubblici e privati, sta creando nuove opportunità di lavoro e migliorando la qualità della vita in molte regioni del mondo.
Possiamo dunque tirare le somme e affermare che la citazione attribuita ad Ayn Rand, pur contenendo elementi di critica legittimi, è una semplificazione estrema che non tiene conto delle complessità delle dinamiche economiche moderne. I dati e le analisi empiriche dimostrano che un mix equilibrato di regolamentazione statale, trasparenza e innovazione è essenziale per promuovere società più eque e prospere.
Invece di cedere a visioni catastrofiche, è necessario sviluppare un discorso economico basato su fatti e dati, capace di affrontare le sfide contemporanee con pragmatismo e ottimismo. Citare Ayn Rand può essere stimolante, ma è fondamentale integrare queste riflessioni con analisi più complete per evitare derive populiste che non aiutano a comprendere il mondo in cui viviamo.
Chi era Ayn Rand O’Connor
Sostenitrice dell’individualismo e dell’egoismo razionale, da lei considerato la virtù più naturale e importante, riteneva che il perseguimento del proprio benessere fosse legittimo purché non danneggiasse gli altri. In ambito politico, condannò l’uso della forza, definendolo immorale, e sostenne il capitalismo laissez-faire, che descriveva come il sistema che tutela i diritti individuali, inclusi quelli di proprietà privata, e consente agli individui di raggiungere la felicità attraverso le proprie capacità. Collaborò con la Commissione per le attività antiamericane guidata da Joseph McCarthy, scrivendo anche un pamphlet in cui raccomandava di evitare contenuti propagandistici, inclusi il collettivismo e l’anti-individualismo, nelle produzioni di Hollywood. Contraria a qualsiasi forma di collettivismo, sia socialista che fascista, la sua filosofia si basava sull’idea che l’individuo rappresenti la più piccola minoranza e che negarne i diritti significhi tradire i principi della difesa delle minoranze. Sebbene ritenesse legittimo un ruolo limitato del governo in una società libera, non si identificò mai con l’anarco-capitalismo, avvicinandosi piuttosto a un’idea di miniarchismo, pur senza definirla esplicitamente.
In Italia e in Europa è meno nota rispetto al Nord America, dove viene considerata una figura di spicco del libertarismo di destra e del conservatorismo anglosassone. I suoi romanzi propongono un archetipo di eroe, il cosiddetto “eroe randiano”, caratterizzato da abilità e indipendenza che lo pongono in conflitto con una società massificata, ma che continua a perseguire i propri obiettivi. Le opere di Rand hanno venduto oltre 37 milioni di copie, sebbene abbiano ricevuto critiche contrastanti, in particolare per i lavori più recenti. Dopo la sua morte, l’interesse accademico per le sue idee è cresciuto, ma il mondo filosofico tende ancora a ignorare o respingere la sua filosofia, giudicata troppo polemica e carente di rigore metodologico.