Un recente studio suggerisce che, nonostante la vastità dell’universo, l’evoluzione della vita senziente possa essere un evento più unico che raro o al massimo poco probabile.
La ricerca della vita extraterrestre, indipendentemente dal fatto che possa essere intelligente o meno, rappresenta il Santo Graal della scienza.
Individuare su altri pianeti o sulla stessa Terra forme di vita orginatesi indipendentemente dalla vita che conosciamo rappresenterebbe un riflesso di una condizione ben più importante: se la vita si organizza rapidamente laddove sussistono determinate condizioni è lecito supporre che la sua massima espressione di adattamento, l’intelligenza, possa svilupparsi di conseguenza.
Anche se la vita e l’intelligenza fossero fenomeni casuali e rari, data la vastità dell’Universo, il Cosmo potrebbe essere letteralmente popolato di esseri viventi, molti dei quali senzienti.
Molti ricercatori ritengono quindi che, statisticamente parlando, la vita intelligente possa essere un adattamento evolutivo che compare con la giusta ricetta di stimoli ambientali e tempo.
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Esistono però scienziati controcorrente, che affermano che la stessa evoluzione, con i meccanismi che la regolano, ci indicano che siamo una specie pressoché unica in tutto il Cosmo.
Nick Longrich, della Bath Universty, in un affascinante articolo pubblicato su The Conversation, si interroga su questa eventualità affermando che, purtroppo, non si può studiare la vita extraterrestre ma si possono invece analizzare nel dettaglio 4.5 miliardi di anni di evoluzione sulla Terra arrivando a conclusioni che fanno riflettere.
L’evoluzione spesso fa sì che organismi differenti sulla Terra, anche enormemente distanti filogeneticamente tra loro, sviluppino strategie evolutive simili per rispondere ad un certo stimolo ambientale o comportamentale, in un meccanismo molto complesso definito convergenza evolutiva.
Tale meccanismo, che si basa su cambiamenti genetici casuali che si manifestano a volte in un vantaggio di adattamento all’ambiente, trova innumerevoli esempi di applicazione.
Pesci rossi, ittiosauri, delfini sono il risultato di eventi di una evoluzione convergente che ha plasmato i corpi di questi animali in forme idrodinamiche
Allo stesso modo pipistrelli, uccelli e farfalle si sono adattati al volo sviluppando meccanismi aerodinamici simili.
Gli esempi riportati sottolineano che le leggi della fisica e le caratteristiche chimico-fisiche dell’acqua e dell’aria sono costanti e immutabili e la vita viene da esse plasmata.
La convergenza evolutiva ha anche influenzato le parti del corpo degli animali: le zampe si sono evolute in strutture molto simili tra loro in differenti raggruppamenti filetici.
Le convergenze evolutive, però, si sono sviluppate solo nel raggruppamento degli animali definiti eumetazoi: si tratta di animali complessi con corpi molto articolati e caratterizzati ad esempio da bocche, sistema nervoso, simmetria e canale digerente. Diversi eumetazoi hanno quindi evoluto le stesse soluzioni in maniera indipendente gli uni dagli altri per rispondere alla stessa pressione selettiva ambientale.
Il complesso schema corporeo degli eumetazoi origina da un piano architettonico comune, da un comune progenitore, e le prove di questa architettura condivisa sono rilevabili anche a livello molecolare.
Gli eumetazoi sono il risultato di una serie di eventi che hanno influenzato la storia evolutiva della vita sulla Terra e che si sono verificati solo una volta: la comparsa di organismi complessi fatti di cellule eucariotiche, dotate di un nucleo morfologicamente evidente e compartimenti cellulari diversi dove fare avvenire reazioni precise, l’origine dei mitocondri, dei cloroplasti e la comparsa della sessualità sono solo alcuni esempi.
L’evoluzione quindi è fatta di eventi convergenti come le ali, che si sono sviluppate indipendente in animali diversi, ma anche da una concatenazione di eventi unici inanellati quasi alla perfezione
E ci si può spingere ben oltre. Animali complessi, per esempio, richiedono cellule complesse. Queste, a loro volta, richiedono ossigeno prodotto dalla fotosintesi. Nulla di tutto questo sarebbe accaduto senza l’evoluzione della vita e, per quanto ne sappiamo, la vita si è evoluta solo una volta sulla Terra a partire da un singolo progenitore ancestrale. L’intelligenza è quindi un singolo evento immerso in un mare di singoli eventi casuali.
Se solo si trovasse una forma di vita evolutasi in maniera indipendente dalla nostra nel sistema solare la visione di insieme cambierebbe radicalmente.
Basterebbe, in alternativa, trovare una singola prova fossile che attesti che la vita sulla Terra si sia sviluppata almeno da un alto progenitore ancestrale e le previsioni sarebbero più ottimiste.
Il processo evolutivo, poi, non prevede l’introduzione di innovazioni adattative che risultino vincenti al primo colpo: spesso si generano dei colli di bottiglia che non danno alcuno sviluppo futuro. Basta considerare a tal proposito le innumerevoli forme di vita che popolavano il pianeta durante il periodo ediacarano.
Considerare tutte le variabili che hanno determinato il successo evolutivo dell’intelligenza sarebbe come dire che la specie umana non ha vinto solo una lotteria, ma innumerevoli lotterie.
Un calcolo statistico semplice può chiarire il concetto: supponiamo che l’intelligenza origini dalla concatenazione di sette eventi poco probabili (nascita della vita, fotosintesi, cellule complesse, sesso, animali complessi, introduzione dello scheletro e infine l’intelligenza essa stessa) ognuno dei quali con il 10% di probabilità di realizzazione. Le probabilità di sviluppo dell’intelligenza sono 1 su dieci milioni di mondi abitati. E si tratta di una stima molto favorevole.
Adattamenti complessi potrebbero in effetti essere ancor meno probabili: la fotosintesi ha richiesto infatti adattamenti molto particolari che hanno coinvolto proteine, pigmenti e sistemi di membrane cellulari.
Gli eumetazoi hanno richiesto innumerevoli modifiche anatomiche (sistema nervoso, comparsa della bocca e muscoli in grado di muovere pezzi scheletrici interni o esterni all’organismo). Ciascuna delle sette innovazioni di cui abbiamo parlato prima potrebbe quindi verificarsi solo nell’1% dei casi: in tal caso l’intelligenza potrebbe evolversi solo in 1 mondo su 100 trilioni di mondi abitati. Qualora i mondi abitati fossero rari, potremmo effettivamente essere l’unica specie senziente nell’intero universo
Sotto questa luce l’intelligenza e la vita assumono un significato più profondo e speciale.
Il principio antropico ci dice comunque che, almeno una volta nell’intera storia dell’universo, l’improbabile concatenazione di eventi che ha generato la vita e l’intelligenza si è verificata, altrimenti non saremmo qui a cercare un senso alla nostra esistenza.
di Stefano Bossi
Foto in copertina: Pixabay
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