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Perché lo spazio e il tempo non hanno un confine visibile: lo spiegano i buchi neri quantistici

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Una nuova analisi dei buchi neri, gli oggetti più estremi del cosmo, spiega perché non possiamo osservare le singolarità previste dalla teoria della relatività generale di Einstein, dove le leggi della fisica smettono di funzionare.

La teoria della relatività generale di Einstein, pur rivoluzionaria, è incompleta. Secondo il fisico Roger Penrose, quando la materia collassa sotto la propria gravità, si forma una “singolarità“: un punto di densità o curvatura infinita dove spazio, tempo e materia cessano di esistere, e le leggi fisiche smettono di funzionare. Questo renderebbe la scienza incapace di prevedere eventi futuri.

Penrose ha ipotizzato che le singolarità siano “nascoste” all’interno dei buchi neri grazie all’orizzonte degli eventi, una sorta di membrana che impedisce a qualsiasi cosa, inclusa la luce, di sfuggire. Questa idea è nota come censura cosmica, secondo cui le singolarità visibili (“nude”) non possono esistere.

Questa congettura di Penrose, secondo cui non ci sono singolarità “nude”, è chiamata cosmic censorship. Dopo mezzo secolo, rimane indimostrata e uno dei più importanti problemi aperti della fisica matematica. Allo stesso tempo, trovare esempi di casi in cui la congettura non regge si è dimostrato altrettanto difficile.

L’influenza della meccanica quantistica sui buchi neri, generalmente trascurata, introduce nuove complessità. La meccanica quantistica permette l’esistenza di energie negative (come l’effetto Casimir), che potrebbero violare alcune ipotesi della relatività generale. Un’ipotesi fondamentale è che una futura “teoria del tutto” – una teoria della gravità quantistica – potrebbe risolvere il problema delle singolarità, considerandole un limite delle teorie attuali.

Nel frattempo, studi intermedi (semi-classici) combinano la relatività generale per lo spazio-tempo con la meccanica quantistica per la materia. Sebbene anche questi modelli prevedano singolarità, si pensa che esista una versione quantistica della censura cosmica, in cui gli effetti quantistici “rivestono” le singolarità, impedendone l’osservazione diretta.

Una scoperta recente, pubblicata su Physical Review Letters, suggerisce che la censura cosmica è compatibile con la meccanica quantistica grazie a una versione quantistica della disuguaglianza di Penrose. Questa relazione matematica collega l’energia dello spazio-tempo con l’entropia – misura del disordine – dei buchi neri e della materia quantistica. La formulazione quantistica, che include l’entropia della materia quantistica, resta valida anche dove la versione classica fallisce.

Questi risultati rafforzano l’idea che, anche in presenza di effetti quantistici, le singolarità rimangano nascoste all’interno dei buchi neri, proteggendo l’universo visibile dalle loro conseguenze. Pur non essendo una dimostrazione definitiva, lo studio rappresenta un passo avanti verso una comprensione più profonda delle connessioni tra relatività generale e meccanica quantistica.

 

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