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Perché Trump smantella il Dipartimento dell’Istruzione? Licenziamenti di massa in USA

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Negli Stati Uniti, l’amministrazione di Donald Trump ha recentemente ordinato licenziamenti di massa presso il Dipartimento dell’Istruzione, un’azione che ha visto quasi 2.000 dipendenti, circa la metà del totale, essere allontanati o spinti a lasciare i loro incarichi a partire da gennaio 2025.
Questa mossa, annunciata come parte di un piano più ampio per smantellare l’agenzia federale, è stata confermata dalla segretaria all’Istruzione Linda McMahon, che ha descritto i licenziamenti come “un altro passo verso la chiusura totale del dipartimento”. Ma quali sono le ragioni dietro questa decisione drastica? Per comprenderlo, è necessario analizzare il contesto politico, le motivazioni ideologiche e le implicazioni pratiche di tale scelta.

Il contesto politico e la promessa elettorale

La decisione di Trump di ridurre drasticamente il personale del Dipartimento dell’Istruzione non è una sorpresa per chi ha seguito la sua campagna elettorale del 2024. Durante i comizi, Trump ha ripetutamente promesso di abolire il dipartimento, sostenendo che rappresenta un simbolo di eccessiva ingerenza federale nella vita degli americani e un ostacolo alla libertà degli Stati di gestire autonomamente i propri sistemi educativi. Questa posizione riflette un’idea di lunga data tra i conservatori repubblicani, che vedono nell’agenzia un’entità burocratica inefficiente e ideologicamente orientata verso politiche progressiste, come i programmi di diversità e inclusione o le linee guida federali percepite come “woke”.
Il Dipartimento dell’Istruzione, istituito nel 1979 sotto la presidenza di Jimmy Carter, ha il compito di amministrare fondi federali per l’istruzione, supervisionare prestiti studenteschi e garantire il rispetto delle leggi sui diritti civili nelle scuole finanziate a livello federale. Tuttavia, non controlla direttamente i programmi scolastici, che sono già di competenza statale e locale. Con un budget di circa 238 miliardi di dollari nel 2024 (meno del 2% del bilancio federale totale) e circa 4.400 dipendenti prima dei tagli, è uno dei dipartimenti più piccoli del governo statunitense. Nonostante ciò, per Trump e i suoi sostenitori, la sua esistenza rappresenta un costo inutile e un mezzo di controllo centralizzato che dovrebbe essere eliminato.

Le motivazioni ideologiche

Alla base dei licenziamenti di massa c’è una chiara visione ideologica. Trump e i suoi alleati, tra cui figure influenti come Elon Musk, che guida il neonato Dipartimento per l’Efficienza Governativa (DOGE), sostengono che il governo federale debba essere snellito per ridurre sprechi e burocrazia. Nel caso del Dipartimento dell’Istruzione, l’accusa è che i fondi federali siano stati usati per finanziare programmi considerati superflui o politicizzati, come quelli legati alla diversità, all’equità e all’inclusione (DEI). Musk, in particolare, ha già annullato decine di contratti ritenuti “woke”, mentre altri consiglieri di Trump hanno smantellato enti come l’Istituto di Scienze dell’Istruzione, che raccoglieva dati sui progressi accademici nazionali.
Linda McMahon, nominata segretaria all’Istruzione nel gennaio 2025, ha abbracciato questa visione. Ex CEO della World Wrestling Entertainment e figura di spicco nel mondo degli affari, McMahon ha dichiarato che i licenziamenti sono parte della “missione finale” del dipartimento: eliminare la burocrazia e restituire il controllo dell’istruzione agli Stati. In un’intervista a Fox News, ha affermato: “Ovviamente non stiamo eliminando l’istruzione, ma solo la burocrazia dell’istruzione”, suggerendo che i tagli porteranno a un sistema più efficiente e meno centralizzato. Per i critici, tuttavia, questa retorica nasconde un attacco deliberato ai programmi che supportano gli studenti più vulnerabili, come quelli delle famiglie povere o con disabilità.

L’esecuzione dei licenziamenti

I licenziamenti, annunciati ufficialmente l’11 marzo 2025, hanno ridotto la forza lavoro del dipartimento da circa 4.100 a 2.200 dipendenti, con ulteriori riduzioni previste. Secondo alcune fonti, il processo è iniziato già a gennaio, quando l’amministrazione Trump ha dato il via a una riorganizzazione interna, sospendendo o licenziando decine di lavoratori e offrendo incentivi al prepensionamento o indennità di licenziamento fino a 25.000 dollari per chi accettava di andarsene volontariamente. Tuttavia, non tutti i dipendenti hanno avuto scelta: molti sono stati allontanati senza preavviso, spesso tramite comunicazioni via email, una pratica che ha scatenato critiche per la sua apparente mancanza di trasparenza e rispetto delle procedure federali.
Questi tagli si inseriscono in un’ondata più ampia di riduzioni del personale federale promosse dal DOGE di Musk, che ha colpito anche altre agenzie come il Dipartimento dell’Energia e quello dell’Agricoltura. Nel caso dell’Istruzione, però, l’obiettivo finale sembra essere la chiusura totale, un’ambizione che McMahon ha confermato pubblicamente. Tuttavia, gli esperti sottolineano che eliminare completamente il dipartimento richiede un atto del Congresso, con almeno 60 voti al Senato, un traguardo difficile da raggiungere dato che i repubblicani controllano solo 53 seggi.

Le implicazioni pratiche

I licenziamenti di massa sollevano interrogativi sulle conseguenze per il sistema educativo americano. Il dipartimento gestisce programmi cruciali come il Title I (18,4 miliardi di dollari per le scuole in aree svantaggiate) e i fondi per l’istruzione degli studenti con disabilità (15,5 miliardi di dollari). Senza personale sufficiente, la capacità di amministrare questi finanziamenti potrebbe essere compromessa, lasciando gli Stati a dover colmare eventuali lacune con risorse proprie, una prospettiva che preoccupa soprattutto gli Stati meno abbienti.
Inoltre, la chiusura o il ridimensionamento del dipartimento potrebbe indebolire la supervisione federale sui diritti civili nelle scuole, un ruolo che ha garantito protezione contro la discriminazione basata su razza, genere o disabilità. I critici, come l’American Federation of Teachers, sostengono che questa mossa segnali un disinteresse per l’equità educativa, mentre i sostenitori di Trump ribattono che gli Stati saranno più responsivi alle esigenze locali senza l’interferenza di Washington.

Le reazioni e il futuro

La decisione ha scatenato reazioni contrastanti. I progressisti denunciano un attacco all’istruzione pubblica, mentre i conservatori celebrano un passo verso la decentralizzazione. Nel frattempo, i dipendenti licenziati si trovano in una posizione precaria, con alcuni che hanno espresso preoccupazione per il loro futuro economico in un clima di incertezza.
In definitiva, i licenziamenti di massa al Dipartimento dell’Istruzione riflettono la volontà di Trump di mantenere una promessa elettorale, ma anche di imporre una visione ideologica che privilegia il controllo statale rispetto a quello federale. Resta da vedere se questa strategia porterà alla chiusura totale del dipartimento o si limiterà a un suo ridimensionamento drastico. Quel che è certo è che il dibattito sull’istruzione negli Stati Uniti è destinato a rimanere al centro della scena politica per i mesi a venire.

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