Il 19 novembre 2024, Anders Behring Breivik, responsabile degli attentati del 2011 in Norvegia che causarono 77 vittime, si è presentato in tribunale per la sua seconda richiesta di libertà condizionale. Durante l’udienza, Breivik indossava un abito nero e aveva la lettera “Z” rasata sul lato della testa, simbolo associato al sostegno per l’invasione russa dell’Ucraina. Inoltre, teneva un poster con un messaggio politico.
Il manifesto delirante di 1500 pagine scritto dal terrorista Anders Behring Breivik, responsabile delle stragi di Oslo e Utoya del 22 luglio, è ricco di riferimenti alla Russia. Nel testo, Breivik, sotto lo pseudonimo anglicizzato Andrew Berwick, descrive la Russia come un alleato fondamentale per un’Europa “liberata” dalla Nato e dagli Stati Uniti, che dovrebbe contrastare l’espansione islamica. Il primo ministro russo, Vladimir Putin, viene definito un “possibile amico” della sua rivoluzione ideologica. Tuttavia, il portavoce di Putin, Dmitri Peskov, ha liquidato queste affermazioni, definendo Breivik “l’incarnazione del diavolo” e il suo manifesto “deliri di un pazzo”
Il documento, la cui autenticità non è stata ancora confermata ufficialmente, ma menzionato dall’avvocato di Breivik, propone un piano per una rivoluzione europea entro il 2083. L’obiettivo è eliminare il multiculturalismo, l’Islam e le “idee sbagliate” che, secondo l’autore, minano le radici europee, dando spazio a nuove milizie cristiane ispirate all’Ordine dei Templari. La Russia occupa un ruolo centrale nel piano, sia come alleato militare che come modello politico.
Breivik propone una visione di “conservatorismo culturale” e patriottismo che trova ispirazione in movimenti come i Nashi, un’organizzazione giovanile nazionalista e filo-putiniana, nota per le sue campagne contro oppositori del governo russo. Secondo il manifesto, “il destino dell’Europa è inscindibile da quello della Russia” per motivi culturali e geopolitici, e l’unione tra le due è essenziale per contrastare l’influenza degli Stati Uniti e della Nato. La strategia prevede colpi di Stato in Europa, sostenuti da una potenza militare e nucleare come la Russia, per impedire interferenze esterne.
Le autorità hanno sottolineato che Breivik non ha modificato le sue posizioni ideologiche di estrema destra e hanno espresso preoccupazione per il rischio che possa commettere ulteriori atti violenti in caso di rilascio. La decisione sulla sua richiesta di libertà condizionale è attesa nei prossimi giorni.
La parola a un sopravvissuto alla strage.
In Norvegia, il sistema penale è noto per il suo approccio riabilitativo, orientato a favorire il reinserimento sociale dei detenuti attraverso condizioni di detenzione dignitose e umane. Tuttavia, non tutti i casi rientrano in questo modello, come dimostra quello di Anders Behring Breivik, autore degli attentati del 22 luglio 2011, considerato uno dei detenuti più pericolosi del paese. La pena massima prevista in Norvegia è di 21 anni di reclusione, con possibilità di proroga indefinita tramite la cosiddetta “custodia preventiva” (forvaring), applicabile in caso di detenuti ritenuti ancora pericolosi per la società al termine della pena. Breivik è stato condannato a questa misura eccezionale, il che implica che la sua detenzione potrebbe essere rinnovata a tempo indeterminato.
Le sue condizioni di detenzione, pur rispettando le normative norvegesi sui diritti umani, sono particolarmente restrittive rispetto a quelle degli altri detenuti. Breivik è detenuto in isolamento per garantire la sicurezza sia sua che degli altri, e le sue attività sono rigidamente controllate. Nonostante abbia accesso a una cella composta da tre ambienti (zona notte, zona studio e zona per l’attività fisica), le sue interazioni con il mondo esterno sono strettamente limitate. Questo tipo di trattamento è un’eccezione nel sistema penale norvegese, che punta invece alla normalizzazione delle condizioni di vita in carcere per promuovere la riabilitazione.
L’approccio norvegese alle pene detentive, con la sua enfasi sulla riabilitazione e sul trattamento umano, è tra i più progressisti al mondo, ma la presenza di individui come Breivik mette in evidenza i limiti di un sistema progettato per il reinserimento sociale. Sebbene casi estremi richiedano misure altrettanto estreme, la Norvegia continua a sostenere che il rispetto dei diritti umani debba essere garantito a ogni detenuto, anche nei casi più controversi. Questo equilibrio tra sicurezza pubblica e trattamento dignitoso è ciò che distingue il sistema penale norvegese, pur restando oggetto di dibattito, specialmente in circostanze straordinarie come quella di Breivik.
Questa vicenda solleva interrogativi più ampi sull’applicabilità di un modello basato sulla riabilitazione nei confronti di individui che hanno compiuto atti di violenza estrema. Mentre la Norvegia mantiene fermamente il principio secondo cui ogni detenuto debba essere trattato con dignità, Breivik rappresenta una sfida concreta a questa filosofia, costringendo il paese a confrontarsi con i limiti etici e pratici del proprio sistema.
Le conclusioni da trarre dalla vicenda sono complesse. Da un lato, essa dimostra la resilienza e la coerenza del sistema norvegese nel mantenere i suoi valori fondamentali anche nei casi più estremi. Dall’altro, evidenzia la necessità di un dibattito continuo su come bilanciare la sicurezza pubblica, la giustizia e i diritti umani in situazioni eccezionali. Breivik rimane un simbolo delle sfide morali e giuridiche che i moderni sistemi penali devono affrontare di fronte al male estremo, ponendo la domanda se la riabilitazione possa davvero essere universale o se debba esistere un limite insormontabile.
Fonte: AP News