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Spagna: scoperto il più antico volto umano in Europa occidentale

Foto di Maria D. Guillén / IPHES-CERCA
dell’Institut català de paleoecologia humana i evolució social

In Spagna è stata fatta una scoperta straordinaria che potrebbe cambiare il nostro modo di comprendere l’evoluzione umana in Europa. In una grotta del nord della Spagna, precisamente nel sito archeologico di Atapuerca, sono stati rinvenuti i resti di un volto umano che risale a un periodo compreso tra 1,4 e 1,1 milioni di anni fa, rendendolo il più antico mai scoperto finora nell’Europa occidentale. Fino ad oggi, i resti umani più antichi rinvenuti in Europa erano datati a circa 1,2 milioni di anni fa. Questo nuovo ritrovamento ha suscitato grande interesse nella comunità scientifica, poiché i frammenti ossei rinvenuti non appartengono a nessuna delle specie di ominidi conosciute finora, e potrebbero suggerire l’esistenza di una specie completamente nuova, finora sconosciuta, che abitava l’Europa in un’epoca remota.

I resti, che comprendono frammenti di ossa del viso, sono stati trovati nel 2022 durante gli scavi nel sito di Sima del Elefante, un’importante area archeologica nel nord della Spagna che ha già fornito molte informazioni sulle prime popolazioni europee. Atapuerca è famosa anche per essere il luogo dove sono stati scoperti i resti di quello che è considerato il primo europeo, risalenti a circa 1,2 milioni di anni fa. La scoperta del frammento facciale, chiamato “Pink” in onore dell’album “The Dark Side of the Moon” dei Pink Floyd e della coordinatrice del team di ricerca, Rosa Huguet, ha scatenato una serie di ipotesi scientifiche che potrebbero riscrivere parte della storia dell’evoluzione umana.

Secondo gli studiosi che hanno condotto la ricerca, i frammenti ossei trovati potrebbero appartenere a una specie di ominidi completamente nuova, che potrebbe aver vissuto in Europa circa un milione di anni fa. La ricerca suggerisce che, durante il Pleistocene, diversi gruppi di ominidi potrebbero aver coabitato il continente eurasiatico, interagendo tra di loro e forse anche competendo per risorse e territori. La professoressa Rosa Huguet, zooarcheologa dell’Istituto Catalano di Paleoecologia Umana e Evoluzione Sociale, ha dichiarato che questa scoperta rappresenta un passo fondamentale per comprendere meglio l’evoluzione dell’umanità in Europa e aggiunge un “nuovo attore” nella storia evolutiva della specie umana. La scoperta è significativa anche perché mette in discussione l’idea che l’evoluzione umana in Europa fosse dominata da poche specie note, come l’Homo antecessor o l’Homo erectus, suggerendo invece che la realtà potrebbe essere stata molto più complessa e diversificata.

Il frammento, che include una parte della mascella superiore sinistra e una porzione dello zigomo, ha caratteristiche morfologiche che lo rendono diverso dalle specie di Homo conosciute. In particolare, la struttura del viso è più stretta e più corta rispetto a quella di altre specie di ominidi che sono state scoperte in Europa. Questo dettaglio ha portato i ricercatori a concludere che il frammento non appartiene né all’Homo antecessor né all’Homo erectus, due delle specie più studiate della preistoria europea. L’Homo antecessor, per esempio, è una specie che è stata identificata solo nel 1994, grazie ai resti trovati nel sito archeologico di Gran Dolina, sempre nel sito di Atapuerca. Questo ominide, che visse tra 1,2 milioni e 800.000 anni fa, aveva tratti facciali che ricordano quelli dell’Homo sapiens, come un viso relativamente piatto, simile al nostro, ma il frammento “Pink” non mostra le stesse caratteristiche. Piuttosto, la sua morfologia facciale suggerisce che potrebbe appartenere a una specie più antica, che non era stata documentata fino a quel momento.

Alla luce di queste nuove evidenze, i ricercatori hanno deciso di classificare il frammento osseo come appartenente a una specie che è stata chiamata “Homo affinis erectus” (H. aff. erectus). Questo nome è stato scelto per riflettere alcune somiglianze con l’Homo erectus, una specie che ha avuto un ruolo cruciale nell’evoluzione umana, ma anche per sottolineare le differenze sostanziali che lo distinguono da quest’ultimo. Tuttavia, alcuni membri del team di ricerca non escludono la possibilità che il frammento provenga da una specie del tutto nuova, mai documentata in Europa, che avrebbe vissuto nel Pleistocene, in parallelo con altre specie come Homo antecessor, Neanderthal e l’Homo sapiens. Queste nuove teorie suggeriscono che l’evoluzione umana in Europa potrebbe essere stata molto più complessa e variegata di quanto immaginato in precedenza, con diversi gruppi di ominidi che si sono evoluti in modi diversi e che hanno interagito tra loro.

L’importanza di questa scoperta risiede anche nel fatto che i ricercatori sono riusciti a ottenere nuove informazioni sulla morfologia e sulle caratteristiche evolutive dei primi esseri umani in Europa. Studiando i resti facciali, infatti, gli scienziati possono trarre conclusioni sul comportamento, sulle abitudini alimentari e su altri aspetti della vita quotidiana di queste antiche popolazioni. Inoltre, la scoperta di una nuova specie di ominidi potrebbe aprire nuove strade per le ricerche future, permettendo di comprendere meglio le dinamiche evolutive e l’interazione tra le diverse specie di ominidi che hanno abitato l’Europa durante il Pleistocene.

In sintesi, la scoperta dei frammenti ossei nella grotta di Sima del Elefante potrebbe rappresentare una delle più grandi scoperte archeologiche degli ultimi decenni. Non solo offre nuove informazioni sulla storia dell’evoluzione umana, ma suggerisce anche che la nostra comprensione della preistoria europea è tutt’altro che completa. Le implicazioni di questa scoperta potrebbero essere enormi, sia per la scienza che per la nostra comprensione del passato. Se confermata, la scoperta di una nuova specie di ominidi aprirebbe nuove domande sul nostro passato evolutivo e sulla nostra capacità di adattarci e prosperare in ambienti complessi e in continua evoluzione.

L’articolo su Nature