Il 25 aprile del 1994 Tiziana Brazzatti, allora una studentessa di geologia, mandata dall’Università di Trieste a studiare la zona, scopre gli arti anteriori di “Antonio”, il dinosauro che diverrà famoso per essere uno dei più completi e meglio conservati dinosauri del mondo.
Nel contesto dei rinvenimenti paleontologici in Italia, la scoperta di “Antonio”, un dinosauro quasi completo di Tethyshadros insularis, si è rivelata particolarmente affascinante e ha destato notevole interesse. Antonio, un dinosauro vissuto circa 70-75 milioni di anni fa nel tardo Cretaceo, è stato ritrovato nelle ceneri vulcaniche della Dolomia Principale nel Villaggio del Pescatore, nei dintorni di Trieste. Affettuosamente nominato dai paleontologi che lo scoprirono, il nome scientifico Tethyshadros insularis rimanda alla sua esistenza nell’antica Tetide, ritenuta un’area insulare.
La scoperta di Antonio è merito di Tiziana Brazzatti, geologa che nel 1994, mentre era ancora studentessa all’Università di Trieste, intraprese un lavoro di tesi in Rilevamento Geologico che la condusse nella zona di Villaggio del Pescatore. Armata di strumenti da geologo, durante il giorno della festa nazionale del 25 aprile, la sua attenzione fu catturata da alcuni segni di scavi precedenti in un bosco fitto. La sua curiosità la portò a scoprire l’arto di un rettile preistorico sporgente dal suolo.
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Qui il sito Tiziana Brazzatti,
Il Tethyshadros insularis, con la sua statura modesta di circa 4 metri e un peso di 350 kg, mostra adattamenti insoliti che suggeriscono un’evoluzione verso il nanismo insulare. La conservazione dello scheletro di Antonio ha permesso agli studiosi di indagare le abitudini alimentari, la locomozione e l’ecosistema di questo dinosauro. I suoi denti indicano una dieta onnivora, contrariamente ai suoi parenti erbivori nordamericani.
Il contesto ambientale di Antonio, caratterizzato da fiumi e delta lussureggianti, riflette un habitat ricco e vario, e il ritrovamento offre uno sguardo esclusivo su un periodo in cui l’Italia era un arcipelago nel mare della Tetide. Il valore di questa scoperta è straordinario e ha rivitalizzato la paleontologia italiana, generando nuove domande sulla biogeografia dei dinosauri e sull’evoluzione degli ecosistemi nel Mesozoico.
Antonio ha anche affascinato il grande pubblico. La sua storia è stata divulgata attraverso documentari, libri e mostre, diventando un emblema del patrimonio paleontologico italiano. Il suo impatto trascende la sfera scientifica, entrando nella cultura popolare e sottolineando la connessione profonda tra l’umanità e il proprio passato preistorico.