Mentre l’umanità guarda con crescente interesse alla colonizzazione dello spazio, l’agricoltura extraterrestre si impone come una delle sfide più affascinanti e complesse da affrontare. Coltivare ortaggi nello spazio non è più un’idea da fantascienza, ma una necessità concreta per le missioni di lunga durata su Luna, Marte o stazioni orbitali permanenti. In questo scenario, alcune startup italiane ed europee stanno tracciando la rotta per un futuro in cui piante e serre orbitano con gli astronauti. Se negli Stati Uniti la NASA e aziende come SpaceX hanno avviato già da tempo progetti sperimentali in questo campo, in Europa – e in particolare in Italia – l’interesse sta crescendo, anche se le realtà private attivamente impegnate nello sviluppo di orti spaziali restano ancora poche.
Il contesto italiano: dal Laboratorio dell’Università Federico II di Napoli a SpaceV e Serranova
Con l’obiettivo di rendere possibili future missioni umane su Marte e sulla Luna, sarà fondamentale coltivare piante nello spazio. Gli astronauti del futuro dovranno diventare anche agricoltori, in grado di produrre cibo in ambienti estremi, dove i rifornimenti terrestri non saranno più sostenibili.
Il Laboratory of Crop Research for Space dell’Università Federico II di Napoli, fondato nel 2019 con il sostegno dell’Agenzia Spaziale Europea. si occupa di astrobotanica, ovvero della coltivazione delle piante in condizioni spaziali, e sviluppa sistemi biorigenerativi di supporto alla vita: complessi meccanismi che permettono la produzione di ossigeno, la depurazione dell’acqua e il riciclo dei rifiuti biologici umani attraverso l’uso delle piante.
Nel film The Martian, Matt Damon coltiva patate su Marte, un’idea parzialmente veritiera: infatti, sul pianeta rosso ci sono tracce di acqua sotto forma di ghiaccio e una regolite (polvere marziana) che potrebbe essere usata come substrato. Tuttavia, le condizioni ambientali – gravità ridotta, radiazioni cosmiche e bassa pressione atmosferica – rendono necessaria la coltivazione all’interno di habitat schermati e controllati, con illuminazione artificiale a LED e riutilizzo di acqua e nutrienti.
Alla Stazione Spaziale Internazionale (ISS), la coltivazione avviene “fuori suolo”, con esperimenti come Veggie, in cui le piante crescono in camere speciali e vengono nutrite con acqua e nutrienti iniettati tramite siringa. Le sfide principali sono la microgravità e la gestione dell’acqua, che viene distribuita sfruttando la microcapillarità in materiali porosi.
Il laboratorio napoletano ha sviluppato sofisticate Plant Characterisation Units, camere di crescita completamente isolate e attrezzate per monitorare ogni parametro ambientale e fisiologico: dalla luce alla CO₂, fino alla soluzione nutritiva riciclata per la coltivazione idroponica. Questi dati permettono di determinare esattamente quanta superficie agricola sia necessaria per nutrire un astronauta.
Infine, le piante nello spazio non solo forniscono cibo e ossigeno, ma aiutano anche a migliorare il benessere psicologico dell’equipaggio, riducendo lo stress dovuto all’isolamento. Gli esperimenti attualmente in orbita forniscono informazioni preziose che saranno fondamentali per rendere sostenibili le future missioni su Marte e oltre.
Ma in Italia esiste anche Space V, che rappresenta oggi l’esempio più concreto e visionario di startup impegnata nella progettazione di serre per lo spazio. Fondata nel 2021 a Genova da un team guidato da Franco Malerba, primo astronauta italiano e già manager di Thales Alenia Space, l’azienda si è posta l’obiettivo di sviluppare serre adattive multilivello pensate per l’orbita terrestre, la Luna e Marte. L’innovazione di SpaceV risiede nella capacità delle sue serre di ottimizzare l’uso di risorse limitate come acqua, energia e spazio, adattandosi alle mutevoli condizioni ambientali presenti oltre l’atmosfera terrestre.
Il progetto ha attirato l’attenzione di CDP Venture Capital, che ha finanziato la startup attraverso il fondo Galaxia, in collaborazione con Obloo. Inoltre, SpaceV fa parte dell’ESA BIC (Business Incubation Centre) del Politecnico di Torino, un ecosistema dinamico dove innovazione, spazio e sostenibilità si incontrano. Grazie a questa rete, SpaceV ha potuto collaborare con importanti attori del settore aerospaziale piemontese, tra cui Thales Alenia Space e diverse PMI del settore.
Accanto a SpaceV, un’altra realtà italiana degna di menzione è Serranova, un’azienda innovativa che, pur concentrandosi principalmente sull’agricoltura terrestre, ha mostrato interesse e potenziale per applicazioni spaziali. Serranova ha sviluppato un sistema di coltivazione basato sulla fotoluminescenza, utilizzando terre rare per accelerare significativamente la crescita delle piante. Secondo i dati dell’azienda, le coltivazioni in serra possono crescere fino a tre volte più rapidamente rispetto ai metodi tradizionali, e con un uso molto più efficiente dell’acqua. Questo approccio ha attirato l’attenzione della NASA per possibili applicazioni a bordo della Stazione Spaziale Internazionale, anche se al momento non ci sono collaborazioni ufficialmente attive.
Serranova ha ricevuto diversi riconoscimenti in Italia, tra cui il premio per la miglior startup green a Flor Mart 2019 e la selezione per il prestigioso Compasso d’Oro, con esposizione al museo ADI di Milano.
Il panorama europeo: tecnologie spaziali per la Terra
Oltre l’Italia, il panorama europeo appare frammentato e ancora poco strutturato per quanto riguarda l’agricoltura spaziale portata avanti da startup private. Molte delle iniziative presenti in Europa, pur impiegando tecnologie spaziali, non sono direttamente orientate alla coltivazione nello spazio, ma trovano applicazione sulla Terra.
Un esempio è Mavuno, startup con sede a Berlino e in Tanzania, che utilizza immagini satellitari e algoritmi di machine learning per aiutare i piccoli agricoltori africani nella gestione efficiente delle coltivazioni. Attraverso una semplice app, Mavuno fornisce consigli personalizzati su fertilizzanti, raccolta e prevenzione dei parassiti. Fondata nel 2021, ha già raccolto oltre 460.000 euro, dimostrando che l’uso della tecnologia spaziale può avere impatti concreti anche nei contesti più difficili. Tuttavia, il suo focus resta sulla Terra, e non esistono piani noti per trasferire queste tecnologie in orbita.
Anche la britannica Entocycle adotta tecnologie derivanti dallo spazio, ma con finalità terrestri. L’azienda ha sviluppato sistemi modulari per l’allevamento di insetti in ambienti chiusi, producendo proteine sostenibili a partire da scarti organici. Questo tipo di innovazione si inserisce nel filone dei sistemi di supporto vitale bioregenerativi (BLSS), fondamentali per future missioni spaziali. Tuttavia, Entocycle non sembra attualmente coinvolta in progetti diretti con agenzie spaziali o test in ambiente orbitale.
Il ruolo dell’ESA e dei sistemi di supporto vitale
Un attore chiave nel promuovere la ricerca agricola nello spazio in Europa è l’Agenzia Spaziale Europea (ESA), che da anni sostiene lo sviluppo di sistemi di supporto vitale autosufficienti. Il progetto MELiSSA (Micro-Ecological Life Support System Alternative) rappresenta una delle iniziative più avanzate in questo ambito, mirata a creare un ecosistema chiuso capace di riciclare acqua, anidride carbonica e rifiuti organici per supportare la vita umana nello spazio.
Sebbene MELiSSA e progetti simili siano in gran parte gestiti da istituzioni pubbliche e centri di ricerca, l’ESA sta cercando di coinvolgere startup e imprese private attraverso eventi e collaborazioni. Uno di questi è l’evento del 25 gennaio 2023 organizzato con il DLR (Centro Aerospaziale Tedesco) e l’agenzia alimentare BLE, dedicato a collegare il mondo spaziale con quello agroalimentare per affrontare sfide comuni come il cambiamento climatico e la sicurezza alimentare.
Opportunità future e prospettive
L’analisi del panorama attuale suggerisce che lo sviluppo dell’agricoltura spaziale in Europa sia ancora in una fase iniziale, ma con ampie possibilità di crescita. L’Italia, con SpaceV, si posiziona come un esempio virtuoso di come anche startup relativamente giovani possano accedere a fondi, competenze e infrastrutture per portare avanti progetti pionieristici. Le altre realtà, come Serranova, Mavuno ed Entocycle, indicano come le tecnologie sviluppate per la Terra possano ispirare e preparare il terreno per applicazioni spaziali, anche se non sono il loro obiettivo primario.
Le sfide, naturalmente, non mancano: dagli elevati costi di R&D alla difficoltà di testare tecnologie in ambienti spaziali, passando per l’accesso limitato a strutture orbitanti. Tuttavia, la crescente attenzione delle agenzie spaziali, l’interesse del settore venture capital e l’urgente bisogno di soluzioni sostenibili per l’esplorazione spaziale potrebbero spingere nuove startup a entrare in questo affascinante settore nei prossimi anni.
Startup
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Paese
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Focus Principale
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Connessione con lo Spazio
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Finanziamenti/Riconoscimenti
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SpaceV
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Italia
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Serre adattive per coltivazione spaziale
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Progettazione per ISS, Luna, Marte
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Finanziamento pre-seed da Galaxia, ESA BIC Torino
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Serranova
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Italia
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Serre con fotoluminescenza
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Contatti con NASA, potenziale spaziale
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Vincitore Flor Mart 2019, Compasso d’Oro
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Mavuno
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Germania/Tanzania
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Monitoraggio coltivazioni via satellite
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Applicazioni terrestri, possibile adattamento
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Oltre 463.000 euro raccolti dal 2021
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Entocycle
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Europa
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Allevamento insetti indoor con tech spaziale
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Tecnologie per BLSS, focus terrestre
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