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Ma che è sta “fregola” per i metalupi?

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Negli ultimi giorni, l’annuncio di Colossal Biosciences ha fatto il giro del mondo: l’azienda statunitense avrebbe riportato in vita i metalupi, creature estinte da oltre 10.000 anni, celebri per il loro ruolo nella saga fantasy Il Trono di Spade. La notizia ha suscitato entusiasmo, curiosità e persino paragoni con Jurassic Park, ma la realtà dietro questo proclama è molto più complessa e, per certi versi, meno spettacolare di quanto sembri. Lungi dall’aver “resuscitato” i metalupi, Colossal Biosciences ha ottenuto un risultato scientifico interessante ma ben lontano dalla de-estinzione vera e propria. Nel frattempo, l’effetto mediatico ha rischiato di oscurare altri traguardi dell’azienda, ben più concreti per la conservazione delle specie a rischio.


L’annuncio che ha fatto sognare

Colossal Biosciences, una startup biotecnologica fondata nel 2021 da Ben Lamm e George Church, ha dichiarato di aver dato vita a tre cuccioli – Romulus, Remus e Khaleesi – presentati come i primi metalupi (o enocioni, Aenocyon dirus) tornati a vivere dopo millenni di estinzione. Secondo l’azienda, il processo ha coinvolto l’estrazione di DNA antico da fossili, come un dente di 13.000 anni fa trovato in Ohio e un osso di 72.000 anni fa rinvenuto in Idaho. Utilizzando la tecnologia CRISPR, i ricercatori avrebbero modificato il DNA di lupi grigi (Canis lupus), inserendo frammenti genetici di metalupo per ricreare alcune caratteristiche dell’animale estinto, come un cranio più grande, un manto bianco e una struttura fisica imponente.

L’annuncio, accompagnato da immagini di cuccioli bianchi e soffici e da un video che mostra i loro primi ululati, ha catturato l’immaginazione del pubblico. Non è un caso che i nomi scelti per i cuccioli richiamino miti e cultura pop: Romulus e Remus evocano i fondatori di Roma allevati da una lupa, mentre Khaleesi è un omaggio diretto a Game of Thrones. Ma dietro il clamore mediatico, la comunità scientifica ha sollevato dubbi significativi.


Non metalupi, ma lupi grigi modificati

Nonostante l’entusiasmo, molti esperti hanno chiarito che i cuccioli di Colossal Biosciences non sono veri metalupi. La de-estinzione, intesa come la ricreazione completa di una specie estinta, richiederebbe un genoma integro dell’animale originale, un obiettivo attualmente impossibile a causa della degradazione del DNA antico. Come spiega Vincent Lynch, biologo dell’Università di Buffalo, i frammenti di DNA estratti dai fossili sono troppo incompleti per ricostruire un metalupo autentico. Al contrario, i ricercatori di Colossal hanno utilizzato il DNA di lupi grigi viventi, introducendo solo una ventina di modifiche genetiche ispirate al genoma frammentario dei metalupi.

Il risultato? Animali che assomigliano vagamente ai metalupi per alcune caratteristiche fisiche, ma che geneticamente rimangono lupi grigi al 99,9%. Nic Rawlence, paleogenetista dell’Università di Otago, ha definito i cuccioli “lupi grigi geneticamente modificati”, sottolineando che mancano della memoria genetica, comportamentale ed ecologica della specie estinta. In altre parole, questi animali non sono metalupi tornati dal passato, ma una sorta di “approssimazione” moderna, creata in laboratorio.


Un passo avanti, ma non una resurrezione

Sebbene l’annuncio di Colossal Biosciences non rappresenti una vera de-estinzione, il lavoro svolto non è privo di valore. La tecnologia CRISPR utilizzata per modificare il DNA dei lupi grigi dimostra il potenziale dell’editing genetico nel manipolare tratti specifici, un’abilità che potrebbe avere applicazioni significative. Ad esempio, Colossal sta lavorando a progetti per potenziare geneticamente specie a rischio, come il lupo rosso (Canis rufus), una specie nativa del Nord America che conta ormai pochissimi esemplari in natura. L’azienda ha già clonato individui di lupo rosso, come la cucciola Hope, con l’obiettivo di rafforzare le popolazioni selvatiche e prevenire l’estinzione.

Questi risultati, sebbene meno spettacolari di un metalupo “resuscitato”, sono concreti e promettenti per la conservazione della biodiversità. Purtroppo, l’enfasi mediatica sulla presunta de-estinzione ha messo in ombra questi traguardi, alimentando aspettative irrealistiche e distogliendo l’attenzione da ciò che la scienza può realmente fare oggi per proteggere le specie viventi.


Questioni etiche

L’operato di Colossal Biosciences solleva anche interrogativi etici. Creare animali ibridi per scopi scientifici o mediatici è giustificabile? Quali sarebbero le conseguenze di reintrodurre specie modificate in ecosistemi che si sono evoluti senza di loro? E ancora, è etico investire risorse enormi in progetti di de-estinzione mentre molte specie viventi sono sull’orlo della scomparsa? La stessa Colossal ha risposto a queste critiche sottolineando che il suo obiettivo non è solo riportare in vita il passato, ma sviluppare tecnologie per salvare il presente. Tuttavia, il confine tra scienza e spettacolarizzazione rimane sottile.

Guardando al futuro, Colossal Biosciences non sembra intenzionata a fermarsi. L’azienda sta già lavorando alla “de-estinzione” di altre specie iconiche, come il mammut lanoso e il dodo, e ha recentemente annunciato la nascita di topi con pelliccia simile a quella dei mammut. Anche in questi casi, però, si tratta di modificazioni genetiche parziali, non di vere resurrezioni. La strada verso una de-estinzione autentica è ancora lunga e, per ora, appartiene più alla fantascienza che alla realtà.


I metalupi non sono tornati tra noi, nonostante il clamore suscitato da Colossal Biosciences. I tre cuccioli presentati al mondo sono un risultato scientifico affascinante, ma non rappresentano la rinascita di una specie estinta. Piuttosto, sono una testimonianza del potenziale dell’editing genetico e di quanto la scienza possa spingersi oltre i limiti del possibile, senza però cancellare la distanza tra realtà e immaginazione. Nel frattempo, il lavoro di Colossal per salvare specie a rischio come il lupo rosso merita maggiore attenzione: è qui, più che nei sogni di de-estinzione, che si gioca il futuro della biodiversità.

 

NOTA 

In dialetto veneto, “fregola” significa “briciola”. Questo termine viene usato per indicare la consistenza di una frolla o di un dolce tipico del Veneto, la fregolotta.  Il termine “fregola” in senso figurato  può significare desiderio eccessivo, smania, frenesia. 

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