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Starlink: possiamo fidarci? Perché l’Europa deve puntare su un proprio sistema satellitare

Negli ultimi anni, il sistema satellitare Starlink di SpaceX, guidato da Elon Musk, si è imposto come una soluzione rivoluzionaria per la connettività globale, offrendo internet a banda larga anche nelle aree più remote. Tuttavia, la crescente dipendenza da questa tecnologia, soprattutto in contesti strategici come le comunicazioni governative e militari, solleva interrogativi sulla sua affidabilità per l’Europa. La questione non è solo tecnologica, ma profondamente politica: affidarsi a un sistema controllato da un’azienda statunitense significa, di fatto, mettere la sicurezza e la sovranità digitale europea nelle mani degli Stati Uniti, un alleato che negli ultimi tempi mostra atteggiamenti sempre più imprevedibili e, secondo alcuni, belligeranti anche nei confronti dei propri partner storici. È tempo che l’Europa sviluppi un proprio sistema satellitare autonomo, come IRIS², per emanciparsi da questa vulnerabilità geopolitica.

Starlink: un’arma a doppio taglio

Starlink, con oltre 6.000 satelliti già in orbita e piani per espandersi fino a 30.000, rappresenta un’infrastruttura senza pari nel panorama delle comunicazioni satellitari. La sua efficacia è stata dimostrata in scenari critici, come durante il conflitto in Ucraina, dove ha garantito connettività alle forze armate e alla popolazione civile. Tuttavia, questo stesso caso ha evidenziato i rischi di dipendere da un attore privato straniero. Nel 2022, Elon Musk ha minacciato di interrompere il servizio in Ucraina a meno che il Pentagono non ne coprisse i costi, una mossa che ha messo in luce la sua capacità di influenzare teatri di guerra in base a decisioni personali o pressioni politiche. Sebbene Musk abbia poi fatto marcia indietro, l’episodio ha sollevato preoccupazioni tra i governi europei.

In Italia, il dibattito si è acceso a gennaio 2025, quando Bloomberg ha riportato una presunta trattativa tra il governo Meloni e SpaceX per integrare Starlink nelle comunicazioni sicure della Difesa e della diplomazia italiana, un accordo dal valore stimato di 1,5 miliardi di euro. Palazzo Chigi ha smentito la firma di contratti, definendo le notizie “semplicemente ridicole” (dichiarazione del 6 gennaio 2025 sul sito governo.it), ma il ministro della Difesa Guido Crosetto ha riconosciuto la necessità di collaborare con Musk nel breve termine, sottolineando che “serviranno 5, 10 o addirittura 15 anni per avere una capacità europea analoga” (audizione parlamentare, gennaio 2025). Questa ammissione evidenzia un paradosso: l’Europa, pur consapevole della propria dipendenza, sembra rassegnata a un ruolo subordinato.

Gli USA: un alleato sempre meno prevedibile

La dipendenza da Starlink non è solo una questione di controllo privato, ma anche di sovranità nazionale statunitense. SpaceX opera sotto la giurisdizione degli Stati Uniti, dove il governo può imporre restrizioni o requisire servizi in nome della sicurezza nazionale, come previsto dalla normativa della Federal Communications Commission (FCC). Le recenti politiche dell’amministrazione Trump, reinsediata a gennaio 2025, amplificano queste preoccupazioni. Donald Trump ha più volte espresso una visione “America First” che mal si concilia con gli interessi europei. Ad esempio, nel febbraio 2025, il New York Times ha riferito di negoziati tra Washington e Kiev in cui gli USA avrebbero minacciato di tagliare l’accesso a Starlink se l’Ucraina non avesse concesso l’estrazione delle sue terre rare, un ricatto smentito da Musk ma indicativo di una possibile strumentalizzazione della tecnologia satellitare.
Anche all’interno dell’UE, le voci critiche non mancano. Christophe Grudler, eurodeputato francese e negoziatore per il Parlamento Europeo su IRIS², ha definito un potenziale accordo Italia-Starlink “un grave errore strategico”, sostenendo che “affidare comunicazioni di difesa critiche a un attore privato non europeo mina la sovranità e la sicurezza” (Key4Biz, gennaio 2025). Questa posizione riflette un timore più ampio: gli USA, sotto una leadership imprevedibile, potrebbero usare la loro influenza tecnologica come leva geopolitica, anche contro gli alleati della NATO.

IRIS²: la risposta europea in ritardo

L’alternativa europea a Starlink è IRIS², un progetto ambizioso annunciato nel 2022 e finanziato con 10,6 miliardi di euro per una costellazione di 290 satelliti, operativa non prima del 2030. Henna Virkkunen, vicepresidente esecutivo per la Sovranità Tecnologica dell’UE, ha dichiarato il 16 dicembre 2024: “Questa costellazione all’avanguardia proteggerà le nostre infrastrutture critiche, connetterà le aree più remote e aumenterà l’autonomia strategica dell’Europa”.

Tuttavia, il ritardo accumulato – inizialmente previsto per il 2027 – e il numero limitato di satelliti rispetto a Starlink sollevano dubbi sulla sua competitività. Josef Aschbacher, direttore generale dell’Agenzia Spaziale Europea (ESA), ha enfatizzato l’urgenza: “In un mondo geopoliticamente sempre più complesso, garantire comunicazioni governative resilienti, sicure e veloci è essenziale”.

Nel frattempo, l’Italia sta esplorando una soluzione nazionale. Il 23 dicembre 2024, il Comitato interministeriale per le politiche spaziali (Comint) ha incaricato l’Agenzia Spaziale Italiana (ASI) di studiare una costellazione in orbita bassa, con risultati attesi entro l’estate 2025. Teodoro Valente, presidente dell’ASI, ha posto una domanda retorica: “In un contesto geopolitico come quello attuale, senza la copertura adeguata per la nostra Difesa, ce lo possiamo permettere?”. La risposta implicita è no, ma il tempo gioca contro.

Sovranità digitale: una necessità, non un’opzione

Affidarsi a Starlink comporta rischi concreti. La crittografia avanzata e la resilienza tecnica del sistema sono innegabili, come sottolineato da Andrea Stroppa, referente di SpaceX in Italia: “L’esempio dell’Ucraina è testamento della sua affidabilità in scenari ad alto rischio” (Nuove Cronache, 6 gennaio 2025). Ma la sovranità dei dati e la continuità del servizio dipendono da decisioni prese a Washington o da Musk stesso, un miliardario noto per le sue posizioni politiche divisive e il suo sostegno a figure di estrema destra.

L’Europa non può permettersi di restare ostaggio di queste dinamiche. La Spagna, con un governo socialista, ha già scelto Starlink per coprire le “zone bianche” rurali, ma questo non giustifica una dipendenza strategica. Come ha scritto il Movimento Federalista Europeo, “la scelta di affidarsi a Starlink va controcorrente rispetto alle proposte del rapporto Draghi per far fronte al grave ritardo dell’Unione Europea nell’innovazione” (mfe.it, 7 febbraio 2025). Mario Draghi, nel suo rapporto sulla competitività europea, ha denunciato il dominio di Starlink come una minaccia per il settore spaziale europeo, in declino rispetto a USA e Cina.

Un sistema europeo è imprescindibile

Fidarsi di Starlink significa accettare una subordinazione tecnologica e politica agli Stati Uniti, un alleato che, sotto l’attuale amministrazione, sembra più incline a perseguire i propri interessi che a garantire una partnership paritaria. L’Europa deve accelerare lo sviluppo di IRIS² e investire in soluzioni nazionali, come quella italiana proposta dall’ASI, per garantire autonomia e sicurezza. La posta in gioco è alta: in un mondo sempre più instabile, la sovranità digitale non è un lusso, ma una necessità vitale.

 

Nell’immagine di copertina: 60 satelliti Starlink accatastati insieme prima del dispiegamento