Gravita Zero: comunicazione scientifica e istituzionale

Il tempo esiste o è solo un’illusione? Un’analisi interdisciplinare tra fisica, cosmologia e neuroscienze

La natura del tempo rappresenta una delle questioni più profonde nella filosofia della scienza e nella ricerca fisica contemporanea. Da Einstein a Rovelli, passando per le teorie cosmologiche e per gli studi neuroscientifici sulla percezione umana, ci si interroga se il tempo sia una dimensione reale, fondativa dell’universo, oppure una costruzione emergente e illusoria. Questo articolo esamina alcuni risultati chiave della letteratura scientifica peer-reviewed, discutendo prospettive provenienti dalla fisica delle particelle, dalla relatività, dalla gravità quantistica e dalla neuroscienza cognitiva. L’obiettivo è fornire una sintesi dello stato attuale del dibattito e dei dati sperimentali, evidenziando quanto la domanda “il tempo esiste o è solo un’illusione?” sia ancora aperta, ma arricchita da importanti spunti provenienti dalla ricerca contemporanea.

Introduzione

La questione della natura del tempo è antica, affondando le sue radici nella filosofia classica e nella metafisica. Tuttavia, con l’avvento della fisica moderna, la domanda ha assunto una dimensione più concreta e quantitativa. La relatività speciale e generale di Einstein hanno mostrato che il concetto di tempo non è assoluto, ma relativo all’osservatore e allo stato di moto. Inoltre, la struttura dello spaziotempo prevista dalla Relatività Generale, un “blocco quadridimensionale” dove passato, presente e futuro coesistono, suggerisce l’assenza di un flusso temporale oggettivo (Minkowski, 1908; Price, 1996). Questa visione “a blocco” contrasta con la nostra percezione quotidiana del tempo come qualcosa che “scorre”, mettendo in crisi l’intuizione comune.

L’interrogativo se il tempo sia un’entità fisica reale, o se piuttosto emerga dalla nostra limitata prospettiva, è oggi all’attenzione di fisici teorici, cosmologi, filosofi della scienza e neuroscienziati. Mentre alcuni sostengono che il tempo sia un’illusione, altri ritengono che sia un ingrediente fondamentale della realtà, benché la sua natura rimanga elusiva (Barbour, 1994; Smolin, 2013).

La relatività e il concetto di “blocco dell’universo”

La Relatività Speciale (Einstein, 1905) ha introdotto la relatività della simultaneità: eventi simultanei per un osservatore non lo sono per un altro in moto relativo. Questa relatività della simultaneità porta naturalmente all’idea del “blocco dell’universo” (block universe), secondo cui lo spaziotempo è una struttura quadridimensionale statica, nella quale l’intera storia dell’universo è “già lì”, senza un presente privilegiato. In questa visione, il tempo non “scorre”, ma è semplicemente un’altra coordinata, come quelle spaziali (Minkowski, 1908; Price, 1996).

Questa prospettiva non nega la nostra sensazione soggettiva del flusso temporale, ma suggerisce che essa sia una costruzione emergente. L’asimmetria tra passato e futuro, nonché la percezione del divenire, potrebbero essere fenomeni termodinamici o entropici, più che proprietà fondamentali dello spaziotempo. In altre parole, l’illusione del tempo potrebbe nascere dalla crescita dell’entropia e dalla direzione dell’“arrow of time” termodinamica, piuttosto che da una proprietà intrinseca del tessuto cosmico (Price, 1996; Callender, 2017).

La prospettiva della gravità quantistica

Se la relatività generale introduce la struttura a blocco dello spaziotempo, la ricerca di una teoria quantistica della gravità spinge a riconsiderare il concetto di tempo. Nella quantizzazione della gravitazione, tentativi come l’equazione di Wheeler-DeWitt (priva di un esplicito parametro temporale) suggeriscono un universo “senza tempo” a livello fondamentale (Barbour, 1994). Julian Barbour ha proposto che la nozione di tempo emerga come un ordine interno tra stati quantistici, mentre Carlo Rovelli, con la Relational Quantum Mechanics, sostiene che le proprietà, incluso il tempo, emergano dalle relazioni tra sistemi (Rovelli, 1996).

L’idea centrale di questi approcci è che il tempo, così come lo conosciamo, potrebbe non avere un significato assoluto nello schema quantistico della realtà. L’evoluzione potrebbe essere un’illusione derivante dal confronto tra differenti configurazioni. Il lavoro di Page e Wootters (1983) ha mostrato come una descrizione “atemporale” dello stato globale dell’universo possa dare origine a una percezione del tempo a livello di sottosistemi interni. Analogamente, studi più recenti suggeriscono che l’entanglement quantistico potrebbe generare una dinamica apparente, fornendo un “orologio interno” senza bisogno di un parametro temporale esterno (Mueller et al., 2012).

L’emergenza del tempo in cosmologia e termodinamica

Un’altra prospettiva fondamentale riguarda l’origine del tempo dalla struttura termodinamica e statistica dell’universo. L’arrow of time, cioè la direzione verso cui il tempo sembra scorrere, è tradizionalmente associata all’aumento dell’entropia secondo la seconda legge della termodinamica. Molti fisici sostengono che la nostra esperienza del divenire temporale non sia altro che la percezione di questa crescita dell’entropia. In un universo altamente ordinato nel passato (ad esempio, vicino al Big Bang), il tempo è ben definito, mentre l’evoluzione verso stati più disordinati crea un senso di passaggio dal passato al futuro.

In questa visione, il tempo non sarebbe un ente primario, bensì un parametro emergente collegato al comportamento statistico dei sistemi fisici e alla struttura globale dell’universo. La fluttuazione termodinamica e il ruolo della decoerenza quantistica nel definire la direzione del tempo sono attualmente oggetto di intenso studio (Callender, 2017; Smolin, 2013).

La percezione del tempo e l’illusione soggettiva secondo le neuroscienze

Se la fisica teorica fornisce argomenti convincenti per considerare il tempo come non fondamentale, le neuroscienze spiegano come la nostra percezione soggettiva della temporalità possa essere un costrutto del cervello. Studi nel campo della percezione temporale mostrano che la nostra esperienza del tempo è flessibile e influenzata da contesti, emozioni, attenzione e aspettative (Eagleman, 2008).

Il cervello non possiede un orologio interno perfettamente regolare; piuttosto, utilizza diversi meccanismi per integrare eventi sensoriali e costruire la sensazione di durata e successione. Alcune ricerche mostrano che sotto certe condizioni (ad esempio in situazioni di forte stress o attenzione focalizzata), le persone riportano dilatazioni o contrazioni della percezione temporale. Ciò suggerisce che il senso del tempo non è una lettura diretta di una dimensione fisica oggettiva, bensì il risultato di processi neurali complessi. L’illusione del fluire del tempo potrebbe quindi essere, almeno in parte, una creazione cognitiva.

Il dibattito filosofico: tempo come emergenza o come fondamentum

La discussione filosofica rimane intensa. Se alcuni teorici considerano il tempo un fenomeno emergente, altri sostengono che esso sia indispensabile per formulare le leggi fisiche. Lee Smolin (2013) ha proposto una visione “temporalista” in cui il tempo è reale e fondamentale. Secondo Smolin, ignorare il tempo porta a difficoltà concettuali. Altri, invece, come Barbour (1999) o Rovelli, ritengono che la nozione classica di tempo sia superflua e che ciò che chiamiamo “tempo” derivi da correlazioni tra sistemi, emergendo come una proprietà relazionale priva di esistenza assoluta.

Dal punto di vista concettuale, se il tempo è un’illusione, allora le leggi della fisica devono essere formulate in modo atemporale. Questo approccio ha implicazioni profonde per l’interpretazione della meccanica quantistica, della cosmologia e della termodinamica. D’altro canto, se il tempo è fondamentale, la sfida consiste nel conciliare questa caratteristica con la relatività, la quantizzazione della gravità e l’origine dell’arrow of time. Entrambe le posizioni, quindi, evidenziano l’estrema complessità del problema.

Per concludere 

La domanda “il tempo esiste o è solo un’illusione?” non trova ancora una risposta definitiva. Dal punto di vista della fisica fondamentale, la relatività e la cosmologia del “blocco” dello spaziotempo suggeriscono fortemente che il tempo, inteso come flusso oggettivo, non sia una proprietà fondamentale. La ricerca in gravità quantistica mostra come una descrizione priva di tempo possa generare fenomeni dinamici apparenti a livello emergente, sfidando l’idea di un parametro temporale assoluto. Le neuroscienze rivelano che la percezione soggettiva del tempo è malleabile e costruita dal cervello, indicando che almeno l’esperienza del flusso temporale potrebbe essere, in larga misura, un’illusione cognitiva.

Tuttavia, il riconoscimento che il tempo possa essere emergente non implica necessariamente che sia “inesistente” in senso ontologico. Potrebbe essere un concetto derivato da strutture più profonde, un attributo emergente delle relazioni fisiche fondamentali, dell’entropia e della memoria. In questo senso, il tempo non è un’illusione arbitraria, ma una “costruzione reale” al livello fenomenologico in cui viviamo e sperimentiamo l’universo.

La risposta alla domanda è dunque sfaccettata. Se per “esistenza del tempo” intendiamo un’entità assoluta e indipendente, la scienza tende a negarla. Se invece consideriamo il tempo come un fenomeno emergente con effetti tangibili e strutturanti della nostra esperienza, allora sì, in un certo senso, il tempo “esiste”. La ricerca futura in gravità quantistica, cosmologia, meccanica quantistica e neuroscienze continuerà a mettere alla prova questi modelli, fornendo forse una visione più unitaria della natura del tempo e, chissà, avvicinandoci alla comprensione definitiva di questa profonda domanda.


Riferimenti