Un recente studio suggerisce come il tempo non sia una parte fondamentale dell’universo, ma piuttosto un’illusione causata dall’entanglement quantistico.
Questo fenomeno si verifica quando due o più particelle diventano così interconnesse che lo stato di una dipende dallo stato delle altre, anche se sono lontane tra loro. Questo è un aspetto cruciale della meccanica quantistica e ha implicazioni significative per la nostra comprensione dell’universo e per lo sviluppo di tecnologie avanzate come il calcolo e la crittografia quantistica.
Il concetto di tempo rappresenta una sfida per i fisici, poiché non si comporta sempre in modo coerente con le nostre migliori teorie dell’universo. Questo crea un blocco nella ricerca di una “teoria del tutto” che spieghi tutta la fisica dell’universo. Tuttavia, uno studio pubblicato su Physical Review A dai ricercatori italiani Alessandro Coppo, Alessandro Cuccoli e Paola Verrucchi propone una possibile soluzione: considerare il tempo come una conseguenza dell’entanglement quantistico.
Un nuovo approccio al tempo
Secondo Alessandro Coppo, “Esiste un modo per introdurre il tempo che sia coerente sia con le leggi classiche sia con quelle quantistiche, e ciò avviene attraverso l’entanglement”. In altre parole, la correlazione tra un orologio e un sistema può far emergere il concetto di tempo, che è essenziale per la nostra vita quotidiana.
Nella meccanica quantistica, il tempo è visto come un fenomeno fisso e unidirezionale, esterno ai sistemi quantistici. Si manifesta solo osservando i cambiamenti nelle entità esterne, come le lancette di un orologio.
Tempo e relatività
La teoria della relatività di Einstein, invece, afferma che il tempo può essere distorto e dilatato ad alta velocità o in presenza di gravità. Questa differenza fondamentale tra meccanica quantistica e relatività crea un blocco nella ricerca di una teoria unificata dell’universo. Coppo spiega che questa incoerenza è nota come il “problema del tempo”.
Il meccanismo di Page e Wootters
Per affrontare questo problema, i ricercatori hanno esaminato il meccanismo di Page e Wootters, proposto nel 1983. Questo suggerisce che il tempo emerga dall’entanglement di un oggetto con un altro che funge da orologio. In un sistema senza nodi, il tempo non esiste e l’universo appare immutabile.
Applicando questo meccanismo a due stati quantistici teorici — un oscillatore armonico e un insieme di piccoli magneti che agiscono come orologio — i fisici hanno scoperto che il sistema poteva essere descritto dall’equazione di Schrödinger. Tuttavia, invece di usare il tempo, l’equazione si basava sugli stati dei magneti.
Ripetendo i calcoli con oggetti macroscopici, le equazioni si sono semplificate in quelle della fisica classica, suggerendo che il flusso del tempo deriva dall’entanglement anche per oggetti più grandi.
Reazioni della comunità scientifica
Altri fisici hanno espresso cautela. Coppo afferma che partire dalla fisica quantistica per arrivare a quella classica è il percorso corretto, ma molti sono scettici. Sebbene il meccanismo di Page e Wootters sia interessante, non ha ancora prodotto risultati verificabili.
Vlatko Vedral, dell’Università di Oxford, sostiene che l’idea del tempo come entanglement tra campi quantistici e stati quantistici è matematicamente coerente, ma non è chiaro se porterà a nuove scoperte o modifiche nelle attuali teorie.
Nonostante i dubbi, costruire teorie del tempo partendo dalla meccanica quantistica potrebbe essere promettente, purché possano essere verificate sperimentalmente. Adam Frank dell’Università di Rochester conclude che forse l’entanglement ha un ruolo chiave nella nostra comprensione del tempo, ma va studiato dal nostro punto di vista, non da una prospettiva onnisciente.
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