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Ocse: un italiano su tre è semianalfabeta

Un italiano su tre riesce a comprendere solo frasi brevi e semplici. È il quadro delineato dall’indagine Piaac dell’Ocse sulle competenze degli adulti, che ha coinvolto 31 Paesi.

In Italia, le competenze cognitive degli adulti non hanno mostrato miglioramenti significativi negli ultimi dieci anni e rimangono al di sotto della media Ocse nei campi della lettura (literacy), della matematica di base (numeracy) e del problem solving adattivo. In particolare, il 35% degli italiani tra i 16 e i 65 anni ottiene un punteggio pari o inferiore al livello 1 nella literacy (rispetto al 26% della media Ocse). Questo livello indica la capacità di comprendere solo testi brevi ed elenchi organizzati, quando le informazioni sono chiaramente esplicitate.

Secondo l’indagine, più di una persona su tre si trova in una situazione di “analfabetismo funzionale”, cioè è capace di comprendere esclusivamente frasi semplici. Questo studio fa parte del Programma dell’Ocse per la valutazione internazionale delle competenze degli adulti (Piaac).

Già Tullio De Mauro, anni fa, parlava di un quadro desolante, dove l’analfabetismo di ritorno, ovvero chi, pur con conoscenze scolastiche, dimenticava tutto quanto appreso, arrivava al 50% degli abitanti italiani.

La seconda edizione dell’indagine, condotta lo scorso anno in 31 Paesi, è stata gestita in Italia dall’Inapp per conto del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali. Nel campo della numeracy, il 35% degli adulti italiani raggiunge o resta al di sotto del livello 1 (contro il 25% della media Ocse), riuscendo solo a compiere operazioni elementari come sommare e sottrarre piccoli numeri. Nel problem solving adattivo, il 46% degli italiani si ferma al livello 1 (rispetto al 29% della media Ocse), dimostrando di saper risolvere solo problemi molto semplici.

Complessivamente, il 26% degli adulti italiani si colloca al livello 1 o inferiore nei tre ambiti analizzati. I risultati sono influenzati da forti disparità interne, determinate da fattori come la regione di residenza, l’età, il livello di istruzione e il genere. Gli abitanti del Nord e del Centro Italia ottengono spesso punteggi in linea con la media Ocse, mentre nel Mezzogiorno i risultati sono sistematicamente inferiori sia alla media italiana sia a quella internazionale. Le competenze risultano più basse tra le persone di 55-65 anni rispetto ai giovani di 16-24 anni.

L’indagine esprime le competenze cognitive con punteggi che vanno da 0 a 500. Per quanto riguarda la literacy, gli adulti italiani hanno un punteggio medio di 245 (contro i 260 della media Ocse), collocandosi davanti solo a Israele, Lituania, Polonia, Portogallo e Cile. Nella numeracy, il punteggio medio italiano è di 244 (rispetto ai 263 della media Ocse), con l’Italia al quartultimo posto, seguita da Polonia, Portogallo e Cile. Per il problem solving adattivo, l’Italia registra un punteggio medio di 231, rispetto ai 251 della media Ocse, superando solo Lituania, Polonia e Cile.

Un dato positivo riguarda i giovani italiani tra i 16 e i 24 anni, che ottengono risultati migliori rispetto al resto della popolazione, e in alcuni casi superano anche i giovani di 25-34 anni nel campo della numeracy. Tuttavia, in Italia si osserva un significativo calo delle competenze con l’avanzare dell’età, pur partendo da una base solida tra i più giovani.

Gli uomini ottengono risultati migliori delle donne in numeracy, mentre non emergono differenze di genere significative nella literacy e nel problem solving adattivo. Tuttavia, il divario di genere in numeracy si amplifica a sfavore delle donne tra le persone con istruzione terziaria, ma si riduce se si considerano esclusivamente i laureati in discipline Stem (scienze, tecnologia, ingegneria e matematica).

La limitata presenza di donne in percorsi Stem, influenzata da stereotipi culturali, rappresenta un ostacolo non solo al raggiungimento della parità di genere nelle competenze matematiche, ma anche alla crescita complessiva delle competenze del Paese.